Sotto il suo episcopato elesse come vescovi di Ascoli, prima, frà Ferdinando Bonfiglioli, di Gualdo nell' anno 1593. Era Maestro Generale dell'Ordine dei Minori Conventuali, poi, frà Ferdinando Davila, dell'Ordine dei Minori dell'Osservanza nell'anno 1594 secondo la "Serie dei vescovi che fu dato di scoprire da alcuni antichi manoscritti, soprattutto da quelli che si conservano in Ascoli nell'Archivio dei Padri eremiti di Sant'Agostino" e trascritti dal vescovo Mons. Todisco Grande.
Nel 1624 emanò la Bolla “Quaecunque” in seguito alla quale il vescovo di Ascoli Francesco Maria della Marra soppresse le Confraternite Laicale di S. Antonio da Padova e dell’Immacolata, da tempo istituite. Il 19 maggio 1611, regesto n.5591, il Papa Paolo V attua con proprio decreto quanto stabilito precedentemente dal Papa Clemente VIII circa la riduzione dei monasteri della congregazione di M.V. tra cui il monastero di S. Donato di Ascoli.
Clemente VIII, nato Ippolito Aldobrandini (Fano, 24 febbraio 1536 – Roma, 3 marzo 1605), fu il 231º papa della Chiesa cattolica e 139° sovrano dello Stato Pontificio dal 1592 alla sua morte. Ippolito Aldobrandini nacque a Fano il 24 febbraio 1536, stando al registro dei battesimi della cattedrale di Fano, fu battezzato il 4 marzo 1536. La data di battesimo è importante perché alcune fonti sostengono che sia nato nel 1535, ma sembrerebbe difficile che all'epoca si fosse aspettato più di un anno per battezzare un bambino. Era figlio di Silvestro Aldobrandini, avvocato fiorentino, governatore di Fano, allontanato da Firenze per dissapori con i Medici e di Lisa Deti. Il cardinale Giovanni Aldobrandini era suo fratello. Compì gli studi nelle Università di Padova, Perugia e Bologna, dove si laureò in giurisprudenza seguendo gli insegnamenti del futuro cardinale Gabriele Paleotti. Avendo dimostrato buone doti di giurista, fu nominato avvocato concistoriale e uditore di Rota. Fu ordinato sacerdote solo nel 1580, forse spinto dal suo consigliere spirituale Filippo Neri, il futuro santo. Fu creato cardinale-prete nel concistoro del 18 dicembre 1585, ricevendo il titolo di San Pancrazio. Nel 1588 fu inviato come legato in Polonia per regolare la disputa tra il re Sigismondo III Vasa e la casa d'Asburgo. Il 30 dicembre 1591 morì papa Innocenzo IX e il 10 gennaio 1592 iniziò il conclave per eleggere il suo successore. Nell'arco di circa un anno vi erano stati tre conclavi e i cardinali erano seriamente intenzionati a eleggere un papa che potesse dare garanzie di longevità. Alla morte di papa Innocenzo IX il Sacro Collegio dei Cardinali era formato da 65 membri, ma il cardinale Juan Hurtado de Mendoza morì durante il periodo di sede apostolica vacante e 10 cardinali non parteciparono al conclave, pertanto il nuovo papa fu eletto da 54 cardinali. Il 30 gennaio 1592, dopo 20 giorni di conclave, il cardinale Aldobrandini fu eletto pontefice, grazie ai voti dei cardinali oppositori della Spagna, con il nome di Clemente VIII. Il 2 febbraio 1592 venne consacrato vescovo di Roma dal decano del Sacro Collegio e il 9 febbraio fu incoronato dal cardinale Francesco Sforza di Santa Fiora, protodiacono di Santa Maria in Via Lata. Fin dal momento della sua elevazione si impegnò con tutte le sue energie nel tentativo di attuare una riforma del cattolicesimo in tutti i paesi. Nel 1592, secondo l'esempio barnabita, fece introdurre in tutte le diocesi la pratica delle Quarantore, istituita a Milano nel 1527. Nel 1594 avocò a sé la diatriba sorta tra Gesuiti e Domenicani, nata a causa del De concordia del Molina, un trattato sulla grazia e sul libero arbitrio, che era arrivata fino al foro della Sede Apostolica. Per risolverla istituì una commissione, la Congregatio de auxiliis gratia, che se ne occupò per nove anni. Durante il suo pontificato, Clemente ordinò anche la pubblicazione di una nuova edizione della Vulgata, che sarà poi chiamata "Clementina", fece pubblicare la revisione del Breviario romano, del Messale romano e una nuova edizione dell'Index librorum prohibitorum. Cercò anche di riunire la Chiesa latina con quelle orientali; i legati del patriarca Gabriele di Alessandria fecero professione di fede cattolica in Roma e dichiararono la loro obbedienza, ma il successivo patriarca tornò indietro. Nel sinodo di Brėst del 1595, i vescovi ruteni, presieduti dal metropolita di Kiev, decisero per la riunione alla Chiesa latina secondo il decreto fiorentino del 1439. L'unione fu proclamata e attuata nel sinodo di Brėst del 1596. Tentò anche di ristabilire il cattolicesimo in Inghilterra, ma Giacomo I Stuart deluse le sue speranze. Il 15 agosto 1592 con la bolla Pro commissa nobis istituì, per controllare più da vicino le amministrazioni dei comuni pontifici, la Congregazione del Buon Governo. Il 19 maggio 1599, con la bolla "Annus Domini placabilis", Clemente VIII annunciò il XII Giubileo. Due giorni dopo, con la bolla "Cum sancti jubilaei", sospese le altre indulgenze e il 30 ottobre inviò a tutti i vescovi il breve apostolico "Tempus acceptabile", con il quale li esortava a prepararsi al Giubileo organizzando pellegrinaggi a Roma. La Porta Santa fu aperta il 31 dicembre, in contemporanea nelle quattro basiliche patriarcali. Tutte le campane di Roma suonarono a festa accompagnate dal rombo dei cannoni di Castel Sant'Angelo. Osti, albergatori, bottegai e negozianti vennero diffidati dal rincarare i prezzi. Furono presi severi provvedimenti per la repressione del brigantaggio e del malcostume, furono vietati i festeggiamenti carnevaleschi e venne costruita una casa per ospitare vescovi e sacerdoti poveri d'oltralpe. Per quest'ultima opera la comunità ebraica di Roma offrì 500 pagliericci e coperte. Giunsero a Roma, che contava circa 100 000 abitanti, tre milioni di pellegrini. Nel solo giorno di Pasqua ne arrivarono 200 000. Ogni pellegrino poteva lucrare l'indulgenza plenaria a patto di visitare 15 volte se straniero o 30 volte se romano le basiliche. Lo stesso Clemente VIII fu di continuo buon esempio servendo personalmente a tavola i pellegrini, ascoltandone le confessioni, salendo in ginocchio la Scala Santa, mangiando ogni giorno con dodici poveri, visitando per 60 volte le Basiliche e recandosi di persona nei luoghi di penitenza per verificarne le condizioni e il funzionamento. Anche i cardinali, in segno di penitenza, rinunciarono a indossare la porpora. A causa di un attacco di gotta, che ne aveva anche ritardato l'apertura, Clemente VIII chiuse la Porta Santa il 13 gennaio 1601, anziché il 31 dicembre 1600. Clemente VIII fu un abile governante e un saggio statista. Lo scopo generale delle sue politiche fu quello di liberare il Papato dalla sua dipendenza dalla Spagna. L'evento più importante del suo regno fu, comunque, la riconciliazione con la Francia, resa possibile dal cambio di rotta politica rispetto ai suoi predecessori. Il 25 luglio 1595 riconobbe come legittimo il re di Francia Enrico IV, che nel 1593 si era convertito al cattolicesimo, e annullò la bolla con la quale Sisto V lo aveva dichiarato eretico recidivo. Dopo lunghe trattative in cui mediarono importanti delegati della Repubblica di Venezia e il futuro cardinale Arnaud d'Ossat, con l'editto di Nantes del 30 aprile 1598, il cattolicesimo tornò centrale nella politica religiosa francese. Pochi giorni dopo, il 2 maggio, il Papa riuscì a far firmare la Pace di Vervins ai sovrani di Francia e Spagna. Con questo trattato i due stati tornarono entro i confini stabiliti nel 1559 dalla Pace di Cateau-Cambrésis. Nel 1597, grazie all'appoggio di Enrico IV, Clemente mise le mani sulla città di Ferrara. In questo anno il potere estense, durato tre secoli terminò. Ormai lo Stato della Chiesa aveva raggiunto il territorio della città e il duca Alfonso II d'Este, signore di Ferrara, Modena e Reggio, fu costretto a sottoscrivere un atto nel quale si diceva che se fosse morto senza eredi il suo ducato sarebbe passato direttamente sotto il controllo pontificio. Nonostante tre matrimoni, Alfonso non generò eredi, pertanto, per salvaguardare la sua famiglia, lasciò, per via testamentaria, tutti i suoi possedimenti al cugino Cesare, ma il papa, rifacendosi all'accordo sottoscritto annesse al papato il territorio ferrarese. In quegli anni Clemente VIII iniziò a mediare la disputa tra Enrico IV di Francia e il duca Carlo Emanuele I di Savoia. Questa fu una impresa più ardua perché nessuno dei due contendenti voleva cedere: il re di Francia voleva a tutti i costi il marchesato di Saluzzo, mentre il duca non aveva alcuna intenzione di cederlo. Approfittando delle nozze di Enrico IV con Maria de' Medici, il Papa inviò in Francia, il nipote, cardinale Pietro Aldobrandini, per benedire gli sposi e iniziare i negoziati di pace. Il 17 gennaio 1601, con la firma del trattato di Lione, la disputa fu ricomposta. Carlo Emanuele cedette al Re di Francia la Bresse, il Bugey, il Valromey, Casteldelfino e altri centri minori sulla riva del Rodano; Enrico IV cedette al duca di Savoia il marchesato di Saluzzo, le piazzeforti di Centallo, Demonte, Roccasparviera e il ponte di Gresin; come ultima clausola, il Re e il Duca si restituirono le fortezze e i territori occupati durante la precedente guerra e si obbligarono a mantenere rapporti di amicizia e di buon vicinato. Il progetto di occupare Costantinopoli servendosi del capo dell'esercito turco, Scipione Cicala, un genovese che, rapito dai turchi all'età di quattordici anni, aveva dovuto rinnegare la fede cristiana non gli riuscì. Come tanti suoi predecessori, anche Clemente VIII si circondò di personaggi illustri. Fu grande amico di San Filippo Neri, dei cardinali Roberto Bellarmino e Cesare Baronio, di personaggi come l'Antoniano, Guido Bentivoglio e Andrea Cesalpino, ma si lasciò pure tentare dal nepotismo: creò cardinali due nipoti, Cinzio e Pietro Aldobrandini. Fu grande mecenate del letterato più famoso del tempo, Torquato Tasso, poeta della corte papale e per il quale il pontefice aveva preparato l'incoronazione in Campidoglio, non avvenuta per la morte stessa del poeta. Grazie a lui furono costruite, in Vaticano, la Sala del Concistoro e la Sala Clementina, e a Frascati la Villa Aldobrandini, residenza estiva del pontefice progettata da Giacomo della Porta e completata da Carlo Maderno con i giochi d'acqua ideati da Giovanni Fontana. Come il Sangallo era stato l'architetto di Paolo III, il Maderno fu l'artefice delle opere di Clemente VIII. Furono costruite la Manica Lunga, alloggio delle Guardie svizzere, la Cappella Paolina, l'Appartamento dei Principi, la Sala Regia, il Salone degli Svizzeri e la Cappella dell'Annunciazione, affrescata da Guido Reni. Sotto il suo pontificato, inoltre, fu finalmente completata la cupola della basilica di San Pietro e furono cristianizzati tutti gli obelischi di Roma, ad alcuni dei quali fu anche associata una peculiare indulgenza. Sotto il pontificato di Clemente VIII ebbero luogo a Roma due processi destinati, per motivi diversi, a passare alla storia: quello per eresia contro il filosofo Giordano Bruno, arso sul rogo, e quello contro la nobildonna romana Beatrice Cenci, decapitata per aver fatto uccidere il padre che l'aveva fatta oggetto di abusi e violenze. Il processo di Menocchio si svolse invece a Concordia, nel Friuli. Tutti e tre i casi videro l'intervento diretto del papa: nel caso di Giordano Bruno egli partecipò alla fase finale del processo invitando i giudici a procedere con la sentenza, cioè di fatto a condannare a morte l'imputato. Stessa cosa fece il Papa con Menocchio (che in realtà si chiamava Domenico Scandella). Anche in questo caso, tramite il cardinale Giulio Antonio Santori, il Papa intervenne per far eseguire prontamente la condanna a morte per eresia. Nel caso di Beatrice Cenci, preoccupato per i numerosi episodi di violenza verificatisi in quel periodo, Clemente VIII optò per una condanna esemplare respingendo le richieste di grazia rivoltegli da più parti. Clemente VIII si spense il 3 marzo 1605 alle 5 del mattino. Fu seppellito nella Cappella Paolina della basilica patriarcale di Santa Maria Maggiore a Roma. Lasciò un buon ricordo per la sua prudenza, munificenza e capacità negli affari. Il suo pontificato fu caratterizzato inoltre dal numero e dalla bellezza delle medaglie che furono coniate. Gli appassionati del caffè sostengono che la diffusione e la popolarità della bevanda, agli inizi del XVII secolo, si deve all'influenza di Clemente. Pur con le pressioni dei suoi consiglieri che volevano che dichiarasse il caffè una bevanda del diavolo, a causa della sua popolarità tra i musulmani del Medio Oriente, egli dichiarò che, "Questa bevanda del diavolo è così buona... che dovremmo cercare di ingannarlo e battezzarlo." Non è chiaro se la storiella sia vera o meno. È documentato, peraltro, che il suo medico personale Andrea Cesalpino, il quale era anche botanico, fu il primo occidentale a descrivere nelle sue opere la pianta del caffè. Tuttavia le ombre sul suo pontificato fecero sì che alla sua morte alcuni suoi oppositori tirassero un sospiro di sollievo. Più tardi Ludovico Antonio Muratori scrisse di lui: "Morì Papa Clemente, sono morti i cinque nipoti che avevano altri due cardinali fra loro; mancarono tutti i maschi di quella casa e mancò finalmente con essi ogni successione ed insieme ogni grandezza del sangue lor proprio."
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