ASCOLI SATRIANO da Enciclopedia dell' Arte Antica I Supplemento (1973)di F. Tiné Bertocchi.
ASCOLI SATRIANO (Osculum, Asculum, Ausculum) - Il sito della città antica, dauno-romana, coincideva all'incirca con quello dell'abitato moderno che, disposto su tre colli dominanti la valle del Carapelle, dista 33 km da Foggia. Ignota è la sua fondazione in quanto le fonti storiche poco ci parlano di essa e gli itinerarî non la ricordano. Dai recenti scavi la vita è testimoniata fin dalla seconda metà del VII sec. a. C. Nei secoli successivi VI e V essa dovette continuare intensa a giudicare anche dalle ceramiche d'importazione che si trovano associate con vasi locali. La città continuò a godere una certa importanza e floridezza anche nel IV e III sec., quando possedette il diritto di coniare moneta, come testimoniano esemplari con il nome scritto in lettere greche. Gli autori antichi parlano della città soprattutto per la battaglia svoltasi nelle vicinanze, fra Romani e Pirro nel 279 a. C. (Festus, Osculana pugna, p. 197; Plutarc., Pyrrh., 21; Zonaras, 8, 5; Frontin., 2, 3, 21; Flor., I, 13 [18]). Durante le guerre sociali il suo territorio fu saccheggiato dai Romani (Appian., Bell. Civ., i, 52). Caio Gracco e Giulio Cesare distribuirono il territorio ai coloni (Liber Coloniarum, pp. 210-260), ma, né le fonti, né le scarse testimonianze epigrafiche ci dicono se la città divenne colonia o rimase municipio anche durante l'Impero. Delle stesse magistrature municipali siamo scarsamente informati (C.I.L., ix, pp. 660-683). Durante l'Impero fu ascritta alla tribù Papiria. I resti dell'abitato sono alquanto scarsi sia per la mancanza di scavi, sia perché la città (come si è detto) ha continuato a vivere nello stesso luogo. Solo rinvenimenti casuali hanno messo in luce un mosaico in tessellato bianco e nero, purtroppo distrutto, e vasellame vario oltre ad una bella testa marmorea femminile di età imperiale. Non si conoscono pertanto né i suoi monumenti, né il sistema di fortificazione. Sono noti cippi miliari della via Appia-Traiana che correva ai piedi della collina come è testimoniato anche dal ponte romano sul Carapelle conservato e ancora transitabile.
Oggetto di scavi recenti (1966) è stata la necropoli, che occupa una vastissima area attorno alla città moderna. Essa è stata esplorata in tre zone diverse mettendo in luce 80 tombe sia del tipo "a grotticella" che a "fossa rettangolare". I ricchi corredi rinvenuti permettono di seguire la vita della città dal VII al II sec. a. C. e di intravvederne il tenore sociale degli abitanti. Oltre ai prodotti ceramici sono da segnalare ottimi pezzi in bronzo e splendide argenterie, fra le quali uno stiletto ageminato d'oro, del quale non si conoscono raffronti e che, ripetendo nella sintassi decorativa motivi identici di oggetti bronzei, fa pensare ad un artigianato locale fiorente. D'altra parte ceramiche di importazione, particolarmente di Gnathia, attestano scambi commerciali di una certa consistenza. Di particolare interesse sono alcuni mosaici a ciottoli fluviali rinvenuti per lo più in area prettamente sepolcrale e in più casi aventi certamente attinenza con le tombe. Impostati sul terreno senza alcuna preparazione di massetto od altro, presentano semplici motivi a rombi fra fasce lineari. Il più grande, rinvenuto quasi intatto (m 6 circa per 1,20), presso il quale si sono trovate due tombe con corredi della fine del V-IV sec. a. C., è stato staccato ed esposto nell'atrio del Museo Civico di Foggia. Non è improbabile che si possa trattare di aree di culto relative alle tombe vicine contemporanee. Essi costituiscono il primo rinvenimento del genere.
Bibl.: R. Garrucci, Monete d'Italia Antica, Roma 1885, II, p. 110 ss.; V. B. Head,Hist. numorum, Oxford 1911, p. 45 ss.; G. Alvisi, Problemi di viabilità nell'Apulia settentrionale, in Arch. Cl., XIV, 1962, pp. 148-161; Fausti Arch., XXI, 1970, n. 2578.
(F. Tiné Bertocchi)
Città della Capitanata meridionale.
Nell’anno 607 fu colpita dalla peste.
Subentrò ad Ordona quale sede episcopale, dopo che questa fu distrutta dall’imperatore d’Oriente Costante II nell’anno 663.
Nell’anno 668 Ascoli è annessa al Ducato longobardo di Benevento e passa alle dirette dipendenze del Vescovo di Benevento.
Nel 774 Arechi, duca longobardo di Benevento, nel momento in cui fonda il monastero di S.Sofia di Benevento, detrae,a beneficio dello stesso, dal territorio di Ascoli quattro Chiese, dipendenti, terre coltivabili, vigne e terreni per il pascolo del bestiame grosso. Sessant’anni dopo, il Principe longobardo di Benevento Sicardo concede ancora all’Abazia benedettina di S. Sofia di Benevento 300 moggi di terra nei pressi della Chiesa di S. Decorenzio che era presente nel medioevo e si trovava non lontana da Ascoli. In quest’epoca medioevale, malgrado l’ “incastellamento” ed i dissodamenti, gli elementi costitutivi del paesaggio non combieranno: essi sono quelli di un paese abbastanza elevato e la cui parte più bassa è anche la più tardivamente valorizzata.
Durante il periodo dalla metà del secolo X alla metà del secolo XII non si trova menzionata la coltivazione di olivi. In compenso colline e fondi di valli si coprono di terre coltivabili a grano e orzo, a vigne talvolta consociate ad alberi. Il vigore del rilievo e la relativa abbondanza di acqua permettono una stretta consociazione dell’agricoltura e dell’allevamento con la creazione di orti irrigui. Il paesaggio rurale della regione di Ascoli si imparenta con quello delle basse montagne dell’Irpinia e con quello delle distese più pianeggianti ed aride che dominano in Puglia. Il territorio di Ascoli appare poco popolato in epoca longobarda tranne la città stessa e pare che non abbia alcuna funzione amministrativa. Ai suoi margini si estende un grande territorio di proprietà del principe, cioè il gaio Fecline (terra generalmente boscosa, quasi simile al gualdo, ma con qualche spiazzo di dissodamento), di cui le donazioni del principe Arechi a S.Sofia di Benevento ci fanno conoscere alcuni frammenti. Il gaio principesco che ricopre i dintorni è poco coltivato: vi vivono, negli spazi dei dissodamenti, cappellani di chiese isolate e piccoli gruppi di dipendenti. E’ tra il X e XI secolo che si costituisce una rete di insediamenti raggruppati e spesso murati. Questa evoluzione non avviene del resto senza tentennamenti. Vi è un solo punto fisso: la stessa Ascoli, qualificata come “città” assai prima di avere un vescovo e che non perde più questo titolo. Ascoli nel medioevo era composta da tre quartieri: il primo ad essere menzionato in documenti dell’VIII secolo è quello denominato Frontino (l’attuale collina Pompei, già Torre Vecchia che corrispondeva all’abitato di Ascoli medievale). Il nome di questo quartiere riappare in documenti del 1110 dove si aggiungono altri due quartieri denominati, rispettivamente, il Fondo e la Serra dimostrando così che l’abitato di Ascoli, da quell’anno, cominciava a superare le mura della città. Il quartiere Fondo, cioè la zona bassa della città, dovrebbe corrispondere al sito dove attualmente si trova il Cimitero, la vigna di Bonetti e il Convento-Monastero di S. Maria del Popolo. Il quartiere Serra sarebbe l’attuale Collina Castello che negli anni a seguire, dopo il terribile terremoto del 5 dicembre del 1456 che distrusse la città, divenne il nuovo insediamento abitativo di Ascoli.
Nell’anno 835 Sicardo, Duca longobardo di Benevento, fa trasferire i resti del martire S.Potito dai pressi del fiume Calaggio-Carapelle in agro di Ascoli, dove il Santo era stato martirizzato e sepolto, all’Abazia benedettina di S. Sofia a Benevento. Nell’anno 862 Ascoli è saccheggiata e incendiata dai Saraceni. Viene incendiata anche la preesistente Chiesa su cui insiste l’attuale Cattedrale. Sull’area della Chiesa incendiata viene edificata una nuova Chiesa intitolata alla Natività di Maria.
Tra la fine del IX e l’inizio del X secolo i Bizantini rioccupano la Puglia e costituiscono il “Tema di Longobardia” (Circoscrizione amministrativa e militare presente nell’impero bizantino) con il Catapano di Bari i cui confini passava per le città di Ascoli, Bovino e Tricarico. Ascoli passa, alla fine del IX secolo, anno 911, sotto il dominio dei Bizantini e quindi nel “Tema di Longobardia” vicino alla frontiera longobarda ed è a tre riprese conquistata dai Principi longobardi di Benevento e dai loro alleati franchi.
Nell’anno 893 una Bolla del Papa Formoso assegna alla Diocesi di Benevento la Chiesa di Ascoli, pertanto, a partire dal X secolo la Diocesi di Ascoli fu suffraganea di quella metropolita di Benevento, fino al 1976, quando fu trasferita a quella metropolitana di Foggia. Nel 1986 la Diocesi di Ascoli fu accorpata a quella di Cerignola nell’unica Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano. La Diocesi di Ascoli Satriano comprendeva i territori di Ascoli, Candela, Carapelle, Ordona, Orta Nova, Stornara, Stornarella, Rocchetta S. Antonio.
Nell’anno 911 Ascoli è sotto il dominio bizantino, non più sotto quello longobardo.
Nel mese di aprile dell’anno 921 il duca longobardo Landolfo di Capua si scontra ad Ascoli con il Generale bizantino Ursileone, lo uccide e si impadronisce della città, tenendola fino all’anno 950.
Nel 943 il Vescovo di Benevento Giovanni chiede al Papa Marino II la conferma della sua giurisdizione sulla chiesa di Ascoli.
Nell’anno 950 i Bizantini assediano e riconquistano Ascoli tenendola fino all’anno 969.
Nell’anno 969 l’Imperatore Ottone I di Sassonia espugna Ascoli e la sottrae ai Bizantini. Ma alla partenza di Ottone, i Bizantini rioccupano Ascoli. L’esercito imperiale ritorna ad Ascoli e sconfigge duramente i Bizantini guidati dal patrizio Abdila, che, ferito, si rifugia in Ascoli, dove muore.
Nel maggio del 969 Ascoli diventa Diocesi suffraganea della Diocesi Arcivescovile di Benevento e, a livello civile ritorna così sotto i Longobardi fino all’anno 982. Nel mese di dicembre dell’anno 982 il Patrizio bizantino Calocyres Delfina si impadronisce di Ascoli.
Nel 999 e il 2 febbraio dell’anno 1000 Gregorio Tracanioto conferma i possedimenti in Ascoli dall’Abazia cassinese.
Nel 1004 Ascoli viene presa dai Saraceni.
Nel 1009 Ascoli insorgere contro i Bizantini a causa dell’inverno rigido e nevoso, la peste, la carestia, la terribile moria di bestiame e il fiscalismo bizantino. Nel 1010 Ascoli insorge e caccia i Bizantini.
Nella primavera del 1022 l’Imperatore Enrico II con il Papa Benedetto VIII assedia Ascoli e la occupa, ma la dissenteria costringe l’esercito imperiale a ripiegare.
Nel 1027 l’Imperatore Corrado II il Salico concede Ascoli ai Normanni.
Nel 1039 il Catapano bizantino Niceforo Ducliano insegue i filonormanni fino ad Ascoli, che passa nuovamente ai Bizantini. Ducliano muore ad Ascoli l’11 gennaio 1040 e alla sua morte la città ritorna in mano ai Normanni.
Nell’autunno del 1040 il Catapano bizantino Michele Ducleano attaccò Ascoli e vi fa impiccare uno dei ribelli filonormanni.
Nel 1041 Ascoli, dopo la battaglia di Monte Maggiore del 4 maggio, diventa dominio di Guglielmo Fortebraccio (o Bracciodiferro), Conte di Puglia e primogenito di Tancredi d’Altavilla. Guglielmo Fortebraccio muore nel 1046 ad Ascoli che passa sotto il dominio del fratello Drogone.
Nel marzo del 1049 il Papa Leone IX, al secolo Brunone di Toul, cugino dell’Imperatore Enrico III (1039 – 1056), diretto a Melfi dove governano i Normanni feudatari e protettori della Chiesa romana, passa per Ascoli, diventando così il primo Papa che visita Ascoli.
Nel 1062 il Principe normanno Roberto il Guiscardo dà in feudo all’Abazia benedettina della SS. Trinità di Venosa la metà della città di Ascoli e del suo territorio, compreso il casale di Corneto. Ascoli insorge contro Roberto il Guiscardo nel 1078, ma la rivolta viene sedata.
Nel 1079 il Conte Abagelardo sconfigge Boamondo, figlio di Roberto il Guiscardo, assedia e conquista Ascoli, ma Roberto giunge con un esercito calabrese, attacca e riconquista Ascoli, nei cui pressi sconfigge e ferisce Abagelardo.
Nel 1082 Ascoli insorge contro il figlio di Roberto il Guiscardo, Ruggero , che si rifugia nel castello di Troia. Troiani e Ascolani lo assediano, ma i rinforzi normanni per rappresaglia prendono e incendiano Ascoli. Nel 1087 forti scosse di terremoto interessano Ascoli. Nel 1088 governa Ascoli il viceconte normanno Adelferio.
Nel 1127 Ascoli insorge nuovamente contro i Normanni, ma Ruggero II doma l’insurrezione.
Anche nel 1131 Ascoli insorge sempre contro i Normanni pronta a dichiararsi vassalla dell’Imperatore svevo Lotario II, il quale, però, non interviene e nell’agosto del 1133 Ruggero II, per rappresaglia, rade al suolo Ascoli, riducendola a "tre casalia", e l’antica Cattedrale che si trovava nel quartiere Frontino, oggi collina Pompei.
Nel 1137 l’Imperatore Lorario II batte Ruggero II ed Ascoli passa sotto Rainulfo, ma poi Ruggero II rioccupa la città.
Nel 1161 l’ebreo Beniamino di Tudela giunge ad Ascoli in visita alla comunità ebraica locale composta da una quarantina di famiglie.
Nel 1185 è feudatario di Ascoli Ricardo di Balvano.
Nel 1190 viene assediata da Riccardo d’Acerra, cognato di Tancredi, Conte di Lecce, perché in Ascoli si era rifugiato Ruggero d’Andria dopo che costui, insieme a Enrico testa, inviato dall’Imperatore Enrico VI, avava saccheggiato e distrutto Corneto.
Nel 1254 insorge contro l’Imperatore Corrado IV, ma nel mese di aprile viene assalita e saccheggiata.
Nell’ anno dopo, 1255, Ascoli ritorna sotto il potere del legato papale Uberto degli Ubaldini, uccidendo il governatore imperiale.
Nell’ottobre Manfredi non potendondo, quindi, entrare in città, si ferma a Palazzo d’Ascoli prendendo degli ostaggi in pegno e passa per Corneto che gli è fedele.
Nel 1272 il Re Carlo d’Angiò concede Ascoli in feudo a un ufficiale guelfo, Guido de Arcellis che muore nel 1276 e Ascoli ritorna alla regia corte.
Il 10 febbraio 1280 lo stesso Re conferma al Capitolo Cattedrale di Ascoli il diritto di riscuotere le decime nel territorio di Ascoli, Candela e Corneto.
Nel 1284 Ascoli passa in feudo al Conte Cristoforo d’Aquino, figlio di Margherita di Sangro, Contessa di Ascoli.
Nel 1301 per evitare le frequenti sommosse degli Ascolani contro il fiscalismo angioino, vengono nominati quattro sindaci, che si recano a Napoli presso il Re Carlo II d’Angiò, per concordare le forme e le aliquote fiscali. Viene così stabilita una tassa unica che colpisce duramente e proporzionalmente i lavori manuali più pesanti, le arti, i mestieri, i commerci, le industrie e le professioni.
Nel 1347 il Re Ludovico d’Ungheria, venuto a vendicare contro la Regina Giovanna I la morte del fratello Andrea, passa per Ascoli; allora i sindaci ascolani ottengono che la città venga liberata dal dominio feudale dei Sabrano e dichiarata regia. Il Re alloggiò nell’ospizio presso la Chiesa della Misericordia. Ma i fautori dei Sabrano da una vicina abitazione, per mezzo di una canna, porsero al Re, che era alla finestra, la richiesta scritta di restituire il feudo al Conte Sabrano. Ludovico acconsentì e, alla sua partenza, il Conte Sabrano convocò gli Ascolani più ricchi e influenti, promettendo perdono e clemenza se gli consegnassero oro e gioielli. Ma, quando li ottenne, li fece massacrare tutti nel suo castello. Nel 1390 diviene feudo di Benedetto Acciaiuoli di Firenze, Conte di Noia, che sposò la Contessa di Ascoli Roberta di Sabrano.
Il 5 dicembre 1456 Ascoli è colpita, di notte, da un forte terremoto.
Nel 1462 Ascoli si arrende al Re Ferrante d’Aragona, in quale nel 1484 la concede in feudo ad Orso Orsini e, dal 1490 passa il dominio di Ascoli ai suoi figli Raimondo e Roberto.
La dizione Asculum Apuliae è usata dalla Santa Sede per indicare la Diocesi di Ascoli Satriano (Asculana o Esculana Apuliae Dioecesis).
La dizione Ascoli in Capitanata si trova in una cartina del 1703 del Pacichelli, abate e cartografo napoletano.
La dizione Asculum Satricum, città della Daunia oggi Capitanata, si trova in un documento dal titolo:
MEMORIA ANTIQUITATIS SITUS, AC REGIMINIS ASCULI DAUNIAE, CUI ACCEDIT SERIES SUORUM EPISCOPORUM USQUE AD ANNUM 1853.Così anche le dizioni Asculen, e Asculum Appulum e Asculi Dauniae. L'origine dell'appellativo "Satriano", aggiunto ad Ascoli molto prima del 1860, come testimoniano scrittori del XVIII secolo, non può provenire da un vicina Satricum, distrutta dai Romani nel 319 a.C., durante la seconda guerra sannitica, come asseriscono il Colamonico [Enciclopedia Italiana Treccani, s.v.Ascoli] e Meluta D. Marin [Meluta D. Marin, Topografia storica della Daunia antica, Napoli-Foggia-Bari 1979, p. 114], fidando nell'interpretazione che il Rosario [P. Rosario, Dall'Ofanto al Carapelle, I, Ascoli Satriano 1898, p.293-98]] dava di un passo di Livio [LIVII, Historiae, IX, 12-16]. Infatti è ormai noto a tutti che la "Satricum" liviana era una città dei Volsci presso Anzio. Le località, la cui denominazione finisce in -ano, furono antichi possedimenti di ricche famiglie romane, e nel caso di "Satriano" si ha fortunatamente la testimonianza epigrafica dell'esistenza in agro di Ascoli della "gens Satria" [CIL, IX, 668,6016, p.62-63]. Infatti:
a) un "Satrianus" è menzionato in CIL, XI, 833;
b) CIL, XI, 1147 ricorda un "fundus Satrianus", così denominato da un primo proprietario di nome "Satrius";
c) un "fundus Satrianus paternus", così denominato da un "Satrius pater", è ricordato sotto Traiano tra i documenti di Veleia [Tabula
alimentaria Veleias, IV, 91, Obligatio 26];
d) tra gli stessi documenti [tabula..., V, 18-19, Obligatio 28] si ricorda un "fundus Veturianus Virianus Vibianus Satrianus paternus";
e) un altro "fundus Satrianus" si trova ubicato nel Comune di Veleia [Tabula..., III, 20, Obligatio 16];
f) ancora un "fundus Satrianus" nel comune di Piacenza [tabula..., II, 80, Obligatio 13];
g) un altro "fundus Satrianus" è menzionato nella "Tabula alimentaria Ligurum Baebianorum" del 101 d.C. [CIL, IX, 1455].
Tutti questi territori appartenevano alla "gens Satria", della quale si ricordano in particolare:
aa) M. Satrius, patrono dei Piceni e dei Sabini;
bb) L.Satrius, pretore di castro Nuovo, nel Piceno [CIL, I, 1908; IX, 5145];
cc) L. Satrius Abescantus [Plinii, Epist. ad Traianum, 11, 2];
dd) Satrius Rufus, senatore ed oratore al tempo di Plinio il giovane;
ee) Satrius Rufus, magistrato a Gubbio sotto Augusto [CIL, XI, 5820];
ff) Satrius Rufus, magistrato a Teanum Sidicinum ["Not. d. scavi", 1907, p. 698];
gg) L. Satrius Silvinus [CIL, V, 536a];
hh) Satrius Secundus, cliente di Seiano;
ii) molti altri Satrii Secundi sono menzionati in CIL, IX, 3091, 3092, (a Sulmona), 2125.
Orbene, l'epigrafe ascolana, di cui s'è discusso sopra [CIL, IX, 668, 6016, p. 62-63], ricorda proprio una "Satria Secunda", la cui "gens" aveva evidentemente in Ascoli un "fundus", detto perciò "Satrianus", donde poi la denominazione: ASCOLI SATRIANO.
La dizione: "URBS TRIDENS", è l’appellativo con il quale viene chiamata Ascoli, nel secolo XVI: “città tridente” cioè posta su tre colline. Questa dicitura si trova nell’iscrizione incisa sull’arco d’ingresso alla Cappella di S. Giuseppe della Cattedrale di Ascoli e situata all’estremità del braccio sinistro del transetto. Da allora quest’appellativo o metafora non è stato più usato.
Inoltre, una vita leggendaria del primo vescovo di Ascoli e Ordona S. Leone (trascritta da un antico originale redatto dal canonico di Ascoli De
Benedictis e più tardi dall'arciprete di Ascoli Giovine, in seguito copiata da Michelangelo D'Aversa e conservata nell'Archivio parrocchiale
di Ordona dal parroco ascolano Michele Bonetti, in data 11 marzo 1897) narra che "in Apuliae finibus Civitas quaedam fertur fuisse famosa, a
tribus serris in ipsa contentis, Sertica nominata" (si tramanda che ai confini della Puglia c'era una città famosa, denominata Sertica dai tre
serri - colli - contenuti in essa).
Altri nomi di Ascoli , trovati in documenti ed atti notarili medievali sono: Escoli, Excoli,
Il 21 luglio 2003, con decreto del Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi viene concesso ad Ascoli Satriano il titolo di Città.
AESCULUM, AUSCULUM O ASCULUM APULUM, oggi ASCOLI SATRIANO in provincia di FOGGIA
“Hoc est oppidum /quod versu dicere non potest.”/Quinto Orazio Flacco
Non è facile riferire esattamente circa le prime presenze umane sul territorio d’Ausculum1 prima che quest’area collinare della Daunia meridionale assumesse il toponimo che ancora oggi serba nella forma italiana. Si hanno certe notizie d’un fossato risalente al Neolitico Inferiore. Si tratta, più esattamente, di consistenti tracce di una specie di compound venute alla luce in seguito ad indagini promosse in località Serpente dalla Soprintendenza Archeologica di Puglia, Centro Operativo di Foggia, tra il 1986 ed il 19872
. L’aerofotografìa ha consentito d’individuare la presenza di altri piccoli fossati scavati anche in più zone pedecollinari a destra del Carapelle. I diretti riscontri sul terreno ne hanno dato conferma3. La ricerca, tra l’altro, ha fruttato anche qui il ritrovamento di frusti ceramici impressi risalenti al Neolitico Antico. Fino ad allora le origini di Ascoli venivano affogate nella teorìa pelasgica4.
Poi, sempre in località Serpente, a San Rocco e presso il Cimitero Vecchio gli archeologi hanno portato alla luce concrete espressioni di vita documentata a partire dal VII secolo a. C. sicuramente. Tale datazione è garantita soprattutto dalle scoperte fatte dalla Tiné-Bertocchi5 nel 1965: ben dieci tombe a fossa quadrangolare e quattro a grotticella in gran parte utilizzate a partire dal IV secolo. Pochi avanzi di corredi funebri però consentivano d’affermare che il luogo era adibito a necropoli già da prima. Così anche questo centro antico va messo in relazione con altri contesti protourbani della Daunia che si rivelano organizzati già a partire dall’ VIII secolo6.
La fotografìa aerea ha messo in evidenza, tra l’altro, tante singole realtà abitative che avevano da presso ampi spazi da coltivare e superfici destinate al pascolo. Ogni proprietà, inoltre, aveva un’area riservata al pietoso rito della sepoltura. Sulla collina Serpente poi, sempre nel corso della campagna di scavi 1986/1987 diretta dalla Mazzei, sono venuti alla luce resti di fabbrica costituita da due ambienti: un vasto vano rettangolare ed un vestibolo. La poca muratura emersa in seguito a scavi non è apparsa omogenea strutturalmente: alle pietre e tegole che caratterizzavano i muri che limitavano l’area maggiore si alternava la presenza di grandi lastre al lato sud del vestibolo7. Si pensa ad un’ampia aula cultuale cui, più appresso, venne aggiunto l’altro più modesto locale. Tra la pavimentazione a ciottoli che occupa ed adorna l’area antistante il punto d’adito aperto a settentrione sono state rinvenute buche idonee ad ospitare pali utili a sostenere una sorta di tettoia. Pare che il primitivo nucleo urbano abbia avuto a nome Esculo o Asclos8 , forse a causa della presenza sulla collina di elci. Altri, grazie alle testimonianze nu-mismatiche, sostengono che l’originario centro italico era detto AVHVSCLI. Ascoli sorse come insediamento di tipo urbano intorno al V secolo a. C. per volontà di quanti popolavano i versanti dei modesti rilievi, consapevoli del fatto che l’agglomerazione e la postazione sull’altura favoriscono una maggiore e migliore difesa contro le invasioni.
La “Collina del Serpente”, come si è già detto, ha restituito abbondante materiale ascrivibile al IV secolo. La produzione ceramica risulta ornata con quei motivi tipici del geometrismo daunio, arricchito in un secondo momento dalla presenza di ornati floreali che vengono riportati su forme vascolari di produzione figulina greca e/o d’imitazione9. Tra l’altro da quest’area proviene un cospicuo numero di monete, raccolte nel tempo, caratterizzate da scritte come AYΣΚΛΙΩΝ, AΣΚΛΩΝ, ΑΥCΚΛΑ, AYΣΚΛΑΙ, AESCULUM, AUSCULUM, AUSCULA ed altre varianti10. Sugli esemplari più antichi, lo si è detto, ricorre la scritta AVHVSCLI. Tra i metalli coniati presenti nel Monetiere Archeologico di Firenze è singolare un asse caratterizzato sul (Dritto dalla presenza di una grande A, iniziale di Ausculum . Lo spazio sottostante la retta che taglia l’angolo è occupato da tre ben visibili punti in rilievo a segno del valore dell’asse.
Tanto si afferma in quanto vi sono esemplari caratterizzati anche da uno, due e quattro orbicoli (uncia, sestante, quadrante). Sul Rovescio compaiono due tridenti aggiuntati. Altri sostengono che questo simbolo rappresenti la folgore11. Il fatto di avere una monetazione propria in Età Daunia, al tempo della egemonia tarantina in Puglia e sotto il dominio dei Romani fa sostenere che questa città abbia sempre avuto una certa indipendenza12. In verità il complesso delle monete ascolane sono lo specchio delle vicende vissute dagli abitanti del nucleo urbano sorto, come si è detto, sulle colline per resistere alle invasioni di gente proveniente dall’area egea. Più tardi, a cominciare dagli inizi del V secolo, la cultura greca cominciò a permeare anche l’Alto Tavoliere ed i centri demici più prossimi a quest’area grazie all’af-fermazione ed alla politica commerciale di Taranto, colonia fondata nel 706 a. C. dagli Spartani. La lingua, l’artigianato, l’arte, l’edilizia, l’economìa, quindi anche la monetazione, subirono l’influsso della “Città dei due mari”13. Taranto, nel IV secolo, non ebbe vita facile. La minaccia dei Lucani e dei Bruzi si faceva sempre più insidiosa. Per scansare i pericoli fu promossa dapprima una lega italiota, cui aderirono le città greche dell’Italia Meridionale. In seguito, si fece ricorso a condottieri e ad eserciti mercenari stranieri (Archidamo III, Alessandro il Molosso). Tale scelta fu il principio del declino soprattutto per l’elevata quantità di risorse finanziarie impegnate. Verso la fine del IV secolo i Sanniti invasero alcuni grandi centri urbani daunii (Lucera, Canosa e Tiati). Indi occuparono anche qualche città della Peucezia. La presenza romana in Puglia venne sollecitata da Arpi, il più grande centro urbano della Daunia antica, che nel 326 a. C. chiese protezione all’Urbe, al tempo impegnata nella II guerra sannitica. Roma accettò la proposta soprattutto perche riteneva importante avere una testa di ponte nel’Alto Tavoliere. Dopo qualche anno riuscì a sottrarre ai Sanniti Tiati, Canosa e Lucera. In quest’ultima città poi, nel 315, istituì la prima colonia romana in Puglia con l’insediamento in pianta stabile di 2500 anime. Più appresso, riprese anche Gravina (Silbion).
Dopo la sconfitta dei Sanniti a Maleventum, poi Beneventum, le città apule e daunie entrarono a far parte della confederazione italica guidata dall’Urbe. Quest’ultima, dapprima, non fece pesare le sue imposizioni sulle città e sulle popolazioni sottomesse. Difatti, tutte conservarono l’indipendenza amministrativa, la possibilità d’intessere liberi rapporti commerciali, il diritto di coniare monete proprie. In tanta storia Ausculum è ricordata come battaglia che nel 279 a. C. vide contrapposte le legioni romane e le falangi epirote. Lo scontro avvenne nei pressi della città. Già nel primo scorcio di quell’anno, proprio al principiare della primavera, Pirro aveva invaso la Peucezia ed occupato molte città. Indi aveva rivolto la sua attenzione alla Daunia meridionale, ma gli fu opposta resistenza da parte sia di Venusia che di Canusium. non riuscì ad invadere le due città.perché frattanto era sopraggiunto l’esercito dell’Urbe agli ordini dei consoli P. Sulpicio Saverione e P. Decio Mure. Questi fissarono gli accampamenti sulla riva sinistra dell’Ofanto e restarono in attesa di attacco. Pirro superò il fiume verso la pianura. Gli storici greci e romani non sono concordi14 circa l’esatto luogo dello scontro, la consistenza numerica dei due eserciti, la durata della battaglia (uno o due giorni), il quantitativo delle perdite da ambo le parti. Molti, però, mettono in evidenza che l’esito non fu favorevole ai Romani. Di certo, della battaglia di Ascoli resta la definizione “vittoria di Pirro” a cui si fa ricorso per indicare un successo che reca più danno anziché vantaggio. Ancora gli storici sono a ricordarci l’insurrezione di Ausculum unitamente agli altri Centri apuli ( detti “iapygi” da Appiano) nel 90 – 88 a. C.. In verità, questa rivolta contro Roma vide coinvolti ancora undici popoli: Marsi, Peligni, Vestini, Marrucini, Piceni Asculani, Frentani, Irpini, Pompeiani, Venusini, Lucani e Sanniti. Era avvenuto che, dopo la vittoria di Annibale a Canne, molte città dell’Alta Puglia, e non solo, erano passate dalla parte del Cartaginese. Roma, a poco a poco, rioccupò tutti i piccoli e grandi centri urbani che avevano disertato la lega italica. Le città defezionate subirono la confisca di 1/3 o 2/3 del proprio territorio15. L’Urbe, allora, si trovò in possesso di vaste aree, che non provvide ad assegnare subito direttamente. Qui da noi creò solamente qualche nuova colonia, Siponto ad esempio, ed assegnò poche frazioni di terra ai soldati veterani. Così, gli altri spazi confiscati, nel tempo, furono occupati abusivamente da parte degli aristocratici locali e romani o da comunità di residenti. Soltanto più tardi, al tempo dei Gracchi16, si tentò di provvedere alla vera e propria attribuzione, provocando il malumore di tutti quelli che avevano preso abusivamente le terre soggette a confisca. Inoltre, le varie particelle in cui si sezionava il terreno venivano assegnate soltanto a chi aveva la cittadinanza romana. I ceti umili venivano estraniati dalla distribuzione. La grande rivolta fu sedata da Roma nel sangue. Alla fialico era detto AVHVSCLI. Ascolitalici la cittadinanza romana. A parlarci di Asculum Apulum nei tempi non ricordati dalla storia sono ancora le testimonianze archeologiche. Molte reperti hanno trovato spazio nei Musei di Taranto, Foggia, Ascoli Satriano. Pietre miliari e cippi della via Appia-Traiana, recuperati lungo il tratto più prossimo ad Ascoli, sono stati sistemati all’interno del cosiddetto “Parco dei Dauni” , realizzato sulla “collina del Serpente.
Quest’area custodita, come si è detto, ha restituito nel tempo un buon patrimonio archeologico prelevato nel corso di scavi da tombe datate tra VI – IV secolo a.C. (fig. 4). Ma le indagini sistematiche sul sito hanno portato alla luce anche altre sepolture risalenti alla fine del II secolo a. C. Questo fatto conferma che l’edificio scavato dalla Mazzei sia stato un luogo di culto utilizzato per riti funerari. V’è un percorso ordinato, ben illustrato da complete didascalie, che consente di scoprire tutti i contenuti culturali di questo ampio spazio cintato. Il visitatore scopre senza difficoltà le tombe a fossa e a grotticella; l’artistica pavimentazione a ciottoli che tutt’intorno le adorna; l’ampia aula di culto; i monumenti funebri del II secolo a. C., cippi e colonnati. Alquanto gentile è il personale della Soprintendenza, sempre pronto ad offrire gli utili opuscoli illustrati e ben disposto ad ogni spiegazione relativa al sito. Anche il centro storico e le periferìe della città contribuiscono ad arricchire il patrimonio museale ascolano. Piazza Duomo ostenta alcuni leoni in pietra, pur se rinvenuti altrove e qui reimpiegati. L’Arco dell’Orologio ospita un rilievo funerario di Tarda Età Repubblicana e un’epigrafe che attesta la presenza ad Ausculum di due edili (C. STATIVS e Q. CASTRVIS).
Il rilievo funerario
Altre testimonianze classiche sono incastonate qua e là nelle pareti di private abitazioni disseminate all’interno del nucleo urbano medievale. La domus di piazza S. Potito (fig. 6) documenta la vitalità di quest’angolo di città in Età Romana. In località Valle dell’Arco sono visibili resti di un muro, parte di acquedotto, ed ancora resta solido il ponte romano sul Carapelle, del I – II secolo d. C.
Attualmente il Museo Civico, presso palazzo D’Autilia, accoglie in gran parte quanto sapientemente ha saputo raccogliere nel tempo un dotto medico (Pasquale Rosario) ed i frutti della tenace azione di recupero di un dinamico sindaco (Antonio Rolla). I reperti esposti sono vari e di diversa datazione: vanno dall’Età del Ferro al Medioevo. Meritano particolare attenzione alcuni bronzetti; le ceramiche daunie (fig. 8), i vasi di marmi policromi; l’interessante repertorio numismatico, le statue di Apollo e del piccolo cacciatore. Desta emozione la vista dei grifoni intenti a sbranare una cerva (fig. 9). Questo gruppo marmoreo, che clandestinamente aveva raggiunto il P. Getty Museum, è stato recuperato da qualche anno ed una volta costituiva il pezzo forte del Museo Civico Diocesano.
Ceramica ascolana La preda dei grifi (sostegno per mensa in marmo policromo). Quest’ultimo, ubicato nell’ex monastero quattrocentesco intestato a S. Maria del Popolo, attualmente espone arredi sacri e paramenti liturgici, pissidi e calici, dipinti e statue provenienti dalla Cattedrale di Ascoli Satriano e dalle altre locali chiese. La datazione degli oggetti esposti, preziosi e non, oscilla tra il XII ed il XX secolo. I luoghi di culto (la Cattedrale, S. Giovanni Battista e l’Incoronata) per un motivo o per un altro sono tutti meritevoli di visita. Il duomo, di stile romanico-gotico, risale al XII secolo, così come le altre due chiese. Tanto s’appura da un documento del vescovo Leonardo Todisco Grande, riproposto nel volume di mons. Silva “Frammenti di storia nella città dei tre colli”17. Questa preziosa pubblicazione consente di conoscere la vita di Ascoli nel Medioevo ed in Età Moderna. Tornando, all’interno il Duomo conserva alcuni affreschi di Vito Calò, oltre a simulacri di Santi del XIII secolo; un presepe ed alcune tele settecentesche di scuola napoletana. V’è anche un busto argenteo di S. Potito martire, Patrono della Città, che dal 1623 ha in Ascoli un convento con annessa chiesa a Lui dedicati. L’intera fabbrica ricalca la tipica architettura francescana. Il consacrato, a due navate, propone il modello dei Padri Riformati. Le pareti laterali sono adornate da sei altari contrapposti, in marmi policromi. Pregevole è il coro ligneo, barocco, realizzato verso la metà del XVII secolo.Anche il castello, ridotto a palazzo ducale nel XVI secolo, contribuisce ad arricchire il patrimonio artistico ascolano. Nonostante le trasformazioni, questa struttura serba un aspetto imponente che gli deriva dalla facciata segnata da uno spazioso portale sormontato da finestre ad arco. Segue il cortile, quadrangolare, pavimentato a ciottoli disposti a raggiera. Una elegante scalinata consente di accedere al piano superiore dove (oltre alla loggia interna) vi sono le stanze, alcune delle quali affrescate. Una gradinata a chiocciola porta alla torretta del palazzo. La prigione resta la parte meno rimaneggiata dell’intera costruzione. Peccato che questa struttura resti chiusa al pubblico! Recenti scavi, promossi dall’Università di Foggia, hanno portato alla luce in località Faragola una villa romana. Ma questa è un’altra cosa, meritevole di singola trattazione…Antonio GUIDA
---