Dal dattiloscritto di Antonio Mottola: "San Potito martire ascolano" del 1989 si legge:
Il 'Martyrium Policarpi', XVIII, 2, riferisce che le reliquie dei martiri sono considerate "più preziose delle gemme, più insigni e più stimabili dell'oro" [Atti dei Martiri, (a cura di Calogero Allegro), I, Roma 1974, p. 77].
E' proprio questa motivazione che ha spinto coloro che hanno venerato San Potito a conservare, a mettere in salvo, a desiderare e ad ottenere le sue preziose reliquie. Riporto qui qualcuno dei documenti più importanti nei quali si parla delle reliquie di san Potito e della loro traslazione, per pronunciarmi criticamente sulla loro autenticità.
la 'Memoria Antiquitatis' afferma che: "[...] Potitus [...] Romae eductus apud Asculum Apuliae Idibus Ianuarii secundo Christi saeculo capite plectitur; eius corpus a Christianis sepultum; tractu temporis, Tricarici, ineunte saeculo decimosexsto, in Aede Sanctissimae Trinitatis repertum est" [Trad.: "...Potito...da Roma condotto presso Ascoli di Puglia, fu decapitato agli idi di Gennaio nel secondo secolo di cristo: il suo corpo fu sepolto dai cristiani; passato del tempo, fu ritrovato a Tricarico al principio del secolo sedicesimo, nella chiesa della Santissima Trinità", in Todisco Grande, Synodales Constitutiones..., op. cit., p. 136].
Uno dei fascicoli manoscritti del codice miscellaneo IX.C.33, della Biblioteca Nazionale di Napoli, del secolo XVI-XVII, contiene una "Passio Sancti Potito" in fondo alla quale viene riportata una notizia importante circa la prima traslazione delle reliquie di San Potito da Ascoli a Benevento. Tale notizia, pur corrotta nella prima riga, che pertanto presenta due forme, contiene nella sostanza identiche notizie. Eccone il test:
Prima Forma:
"Post multum itaque
tempus Dompn
Siccard eximi Princeps..."
Seconda Forma:
"Post multa itaque
annorum curricula
temporibus Dompni
Siccardi eximii Principiis..."
[quindi il testo continua conforme]
"Beneventanae sedis electus, venerabile eius corpus exinde auferens , Beneventum detulit et in ecclesia sanctae Dei genitricis Mariae honorifice locavit. Ad laudem et gloriam Domini nostri Iesi Christi. Qui vivit...,"
[D. Mallardo, San Potito..., op. cit., pp.26 s.- trad.:
prima forma: Pertanto molto tempo dopo l'illustre Principe Sicardo
seconda forma: Pertanto molti anni dopo al tempo dell'illustre Principe Sicardo
eletto alla sede benevantana, trasferendo di là il suo venerabile corpo, lo fece portare a Benevento e lo fece deporre decorosamente nella chiesa della santa Madre di Dio Maria. Che vive..."].
Il Mallardo, dopo aver citato le numerose traslazioni di reliquie di santi operate dal principe Sicardo, rileva che in quegli anni era vescovo eletto di Benevento Orso. In base a questa notizia, corregge parte di quanto è scritto nel codice IX.C.33 da "eletto alla sede della città di Benevento" a 2Orso eletto alla sede beneventana". Molto probabilmente, sostiene Mallardo, tale notizia è stata ripresa da un codice più antico, da cui è stata copiata fa "Passio". Infatti lo stesso codice contiene in due pagine e mezzo una "Vita de sancto Potito Sardo martyre", con la seguente finale: "Milites itaque Potitum apud Asculum in Apulia capite truncant, cuius corpus..." [Trad.: Pertanto i soldati presso Ascoli in Puglia troncarono il capo a Potito, il cui corpo...",, in F. Capriglione, La Patria d'origine...,op. cit., p.30].
DUNQUE LA PRIMA TRASLAZIONE DELLE RELIQUIE DI SAN POTITO DAL LUOGO DEL MARTIRIO, NEI PRESSI DI ASCOLI DI PUGLIA, A BENEVENTO, AVVENNE SOTTO IL DUCATO DI SICARDO TRA l'818 E l'839.
Il 15 maggio 1119 Landolfo, arcivescovo di Benevento , esumò dallo squallore in cui giacevano diversi corpi di santi martiri, tra cui anche quello di San Potito. L'arcivescovo ordinò che con gran de riverenza si ponessero due ossa di ciascuno di quei martiri al cospetto di tutti i cittadini. Falcone Beneventano , che ne tramanda la cronaca, afferma che accorse sollecitamente grande moltitudine di uomini e donne per venerare i santi martiri; tra questo lo stesso cronista venne per baciare ed onorare le sante reliquie. [G. Del Re, Cronisti e scrittori sincronici napoletani, p.178, Napoli 1845]. Le sacre reliquie rimasero esposte per otto giorni consecutivi e il 22 maggio 1119 furono deposte in una nuova dignitosa sepoltura [Ibidem, p. 261].
TRASLAZIONI A MONTEVERGINE, AD ASCOLI E A TRICARICO
A Montevergine il 27 luglio 1480, durante i lavori di restauro dell'altare maggiore, furono fortuitamente rinvenute delle reliquie di San Potito insieme a quelle di altri santi [G. Mongelli, Regesto delle pergamene di Montevergine, V, Roma 1958, p. 158, n. 4412].
D'altro canto l'Ughelli nel 1721 asserisce che nella cattedrale di Ascoli Satriano "magma pars S. Potiti Martyris aliorumque sanctorum rreliquiae maximo com honere et cultu decenti asservantur" [F. Ughelli, Italia sacra, Venezia 1721, VIII, col. 225. Trad.: "gran parte di S. Potito martire e le reliquie di altri santi sono conservate con il massimo onore e con decoroso culto"]. Lo stesso Ughelli sostiene anche che a Tricarico (Matera) "... in cathedrali basilica huius urbis Deiparae Virgini dicatae ... magma quoque veneratione hoc habentur reliquiae S. Potiti" [F. Ughelli, op. cit., VII, col. 146. Trad.: "nella basilica cattedrale di questa città dedicata alla Vergine Madre di Dio ... e con grande venerazione ci sono ivi le reliquie di San Potito"].
Come spiegare la presenza di reliquie di San Potito in diversi luoghi? Il Mostardi ritiene che molto probabilmente nel 1156 Guglielmo I (1156-1166) donò all' abbazia di Montevergine una trentina di ossa di San Potito insieme a quelle di altri santi, per sottrarle ai pericoli provenienti dalle continue guerre che rendevano malsicura la città di Benevento. [F. Ughelli, Italia sacra, Venezia 1721, VIII, col. 146 ("... nella basilica cattedrale di questa città dedicata alla Vergine Madre di Dio... e con grande venerazione ci sono ivi le reliquie di San Potito")].
Se a Montevergine furono traslate solo una trentina delle ossa del nostro martire, dove furono portare le altre?
L'affermazione fatta nel 1721 dall'Ughelli (che nella cattedrale di Ascoli Satriano erano conservate "gran parte(delle reliquie) di San Potito"), ci induce a pensare che, a parte quelle poche portate a Montevergine, le altre ossa di San Potito siano state traslate ad Ascoli Satriano al tempo di Guglielmo I, soddisfacendo così le legittime aspirazioni degli ascolani, già da troppo tempo privati della presenza fisicamente tangibile del loro protettore.
Successivamente gli ascolani, per mettere al sicuro le suddette reliquie, fatta eccezione di un dito che nel 1654 sarà racchiuso nel busto argenteo del santo, le trasferirono nella chiesa della Trinità presso Tricarico, tenuta dall'ordine dei Cavalieri di Malta [G. Daraia, Il Vescovato di Tricarico, Manduria 1909, p. 70]. Difatti è storicamente accertato che tra il 1216 e lm1297 numerose terre, già dei benedettini di Venosa, passarono ai Cavalieri di Malta [F. Capriglione - G. D'Arcangelo, Il Medioevo..., op. cit., pp. 28 s.]. Questa chiesa evidentemente offriva maggiori garanzie di sicurezza per conservare i sacri resti. Ciò è anche confermato dall'Ughelli, come prima riportato, e dal fatto che le reliquie di San Potito nel 1500-106 furono rinvenute a Tricarico, come viene attestato dagli "Atti della S. Visita" del vescovo G.B. Santonio nel 1588 [G.B. Santonio, Atti della S. Visita, Tricarico 1588]. In questi "Atti", ai fogli 97 verso e 98 recto, si riferisce, come riportato dal Capriglione [F. Capriglione, La patria d'origine..., op. cit., pp.31 s.]:
"a) che durante la ricognizione delle reliquie conservate nella cattedrale fu rinvenuta nella cappella del sacramento una cassetta i legno interamente rivestita di stagno, contenente una pietra marmorea lunga e larga circa 13 cm. con la scritta "Reliquie sancti Potito Martyris" insieme a "multa ossa ac fragmenta eiusdem sancti Potititum et membrorum" (molte ossa r frammenti sia del capo sia delle membra dello stesso S. Potito);
b) che, istituita un'inchiesta per spiegare la provenienza di tali reliquie, tra gli altri testimoni il canonico Marchesius Vitalis di anno 58 dichiarò cdi aver sentito raccontare da suo padre Vitale de Vitalis che le reliquie di S. Potito insieme al altre erano state ritrovate in diverse cassette nell'anno 1506 o 1500 nell'altare maggiore della chiesa della Santissima trinità, che era commenda dell'Ordine gerosolomitano e si trovava "in territorio tricaricensi per miliare longe a civitate" (nel territorio di Tricarico ad un miglio di distanza dalla città);
c) che vennero trasportate con una solenne processione nella cattedrale della città".
Don Giovanni Daraia, da parte sua, trattandosi della chiesa della Trinità di Tricario, riferisce:
"In questa chiesa, il 15 gennaio 1506, furono trovate due cassette di forma rettangolare, foderate di zinco, contenenti le ossa di due corpi che, dalle relative pergamene accluse, rilevasi esservi il corpo di S. Potito martire e quello di S. Antonio Abbate. Il vescovo del tempo Monsig. Agostino de Guarino per rivelazioni avute da certe divote persone e fatto certo dei propri occhi d'un fatto straordinario, consistente di una insolita luminaria, che da parecchie notti verificavasi nella diruta chiesa situata ad oriente dell'Episcopio ad un miglio dalla città, prestò piena credenza che in quel luogo trovavansi sepolti due corpi d'illustri Santi. E quindi si portò processionalmente con l'intero Capitolo e Clero della Catt., con i Cleri delle parrocchie della città, cin tutta l'Università e popolo; e sotto l'altare maggiore con grande giubilo trovò i beati corpi..." [G. Daraia, Il Vescovato di Tricarico, Manduria 1909, p. 70, nota 1].
RELIQUIE O CENERI DI SAN POTITO IN SARDEGNA E A PISA
Come del luogo ella nascita di San Potito, così anche delle sue reliquie si gloriano molte città. Il codice 94 della Biblioteca Alessandrina di Roma, e il codice H.3 della Biblioteca Vakkiceiana di Roma, entrambi del secolo XVI-XVII, ci attestano ch i corpo di san Potito fi traslato in Sardegna e sepolto insieme con sant'Efisio; poi nell'anno 1088 fu traslato insieme a sant'Efisio a Pisa nella "Basilica Sanctae Dei Genitricis semoerque Virginis Mariae XIII Kal. septembris" [F. Capriglione, La patria..., op, cit., p. 76].
I Bollandisti attestano che la "Vita Sicula" di San Potito, dopo la narrazione del martirio, contiene queste preziose notizie:
"S. Potiti corpus postea ex apulia non minore honore, reverentia, et cultu, in Sardiniam Sancti patria est perlatum, in illoque ubi deinde d. Ephysius Martyr egregius sepultus est loco, prope Calarim fuit reconditum; ac stetit, donec utriusque reliquias Pisani multo tempore Sardiniam occupantes, anno Domini 1088, in suam metropolim D. Mariae virgini sacram transtulerunt..." [Acta Sanctorum Ianuarii, op. cit., p.753, n.7 ("Poi il corpo di San Potito dalla Puglia con non poco onore, rispetto e culto, fu portato in Sardegna e fu sepolto insieme a Sant' Efisio presso Cagliari e qui vi rimasero fino a quando nell'anno 1088 i Pisani li trasferirono nella loro città consacrata alla Beata Vergine Maria..."9].
Inoltre i Bollandisti attribuisconoa francesco fara nel suo De rebus Sardois , I, la notizia secondo cui il corpo di san Potito dalla Puglia fu portato dagli angeli a Nora, in Sardegna, e poi, insieme al corpo di Sant'Efisio, fu traslato dai Pisani nella loco città.
Per spiegare la presenza in Sardegna di alcune reliquie di San Potito, condividiamo quanto afferma il Mostardi: " E' ammissibile ... una traslazione di alcune reliquie, depositate a Nora, probabilmente verso l'anno 818 da Benevento, al tempo del duca Sicardo" [F. Mostardi, S. Potito ragazzo martire, Venezia 1969, p.54]. Lo stesso in nota aggiunge: "Cfr. l'inno dell'antico ufficio della chiesa pisana; 'nautae citum navigium Nuram ducit Sardiniae' [ibidem. nota 48]. Riporta infine come fatto certo "che nell'anno 1088 i Pisani traslarono da Nora a Pisa le ceneri di San Potito insieme al corpo di Sant'Efisio" [ibidem. nota 54].
LA RELIQUIA DEL BRACCIO
Nel 1873 il vescovo di Ascoli Satriano e Cerignola Mons. Antonio Sena, desiderando di arricchire Ascoli di una più insigne reliquia del santo protettore, ne fece domanda al vescovo di Tricarico Mons. Simone Spilotros e al capitolo di quella cattedrale. Avutane risposta positiva, inviò a Tricarico un sacerdote e un laico, che ivi il 23 dicembre 1873 presero in consegna l'osso di un braccio di San Potito e il giorno seguente in Ascoli lo consegnarono al vescovo insieme ai relativi documenti. [Cfr. Vita e novena del glorioso martire S. Potito..., op. cit., p. 33].
Per quanto riguarda la data della traslazione, che la 'Vita e Novena...' scritta nel 1925, assegna al giorno 23 dicembre, mons. Sena, nell' Officia Sanctorum in civitate et diocesi asculana... da lui stesso riformato nell'anno 1885, nella VI lezione dell'ufficio di S. Potito la anticipa al 22 dicembre 1873 [A. Sena, Officia Sactorum in civitate et diocesi asculana...,op. cit., p. 33]. Noi optiamo per il giorno 22, sia per la maggiore antichità della fonte, sia perché essa è dovuta a mons. Sena, artefice principale della traslazione. Il popolo accorse numeroso per onorare il braccio del protettore e a proprie spese fece fondere in Napoli un reliquiario d'argento in forma di braccio, ove fu riposto l'osso del braccio di san Potito [Vita e novena..., op. cit., p. 34; Risposta del capitolo di Ascoli..., op. cit., n.26].
Il non plus ultra di entusiasmo popolare si verificò l'anno seguente, il 14 gennaio 1874, giorno della solennità del martire Potito, quando il braccio del santo fu presentato per la venerazione e fu religiosamente baciato da tutti. [Via e novena..., op. cit., p.34]. Questo rito del bacio della reliquia è per tradizione tuttora compiuto dal popolo nella medesima ricorrenza.
Ci sembra utile a questo punto individuare gli artefici materiali della diffusione del culto e/o della presenza di reliquie di san Potito in tante parti entro e fuori dell'Italia.
Dal secolo VII in poi, i fautori del culto furono i monaci, per almeno tre motivi:
- il luogo originario del martirio del santo divenne proprietà dei benedettini e successivamente di altri ordini religiosi;
- diversi monasteri vennero intitolati a San Potito, a incominciare da quello di Napoli;
- dal continuo spostamento di abati e monaci da un monastero all'altro vennero facilitati lo scambio delle reliquie e la diffusione del culto verso San Potito.
In sintesi, si può dire chi il corpo di San Potito, dal tempo del suo martirio fino al secolo IX, si conservò presso Ascoli, allorquando il duca Sicardo lo fece trasportare a Benevento. Con molta probabilità lo stesso duca, durante il suo governo, o più tardi alcuni monaci benedettini trasportarono alcune reliquie o piuttosto alcune ceneri del martire in Sardegna. Nell'anno 1088 i pisani trasferirono le ceneri di san Potito dalla Sardegna a Pisa. A Benevento il corpo di San Potito rimase fino al 1156. Il 18 giugno 1156 ci fu il trattato tra papa Adriano V e Guglielmo I, nel quale il papa riconosceva al re ampi vantaggi in molte questioni di politica ecclesiastica. Guglielmo I di lì a poco diede alcune reliquie, una trentina di ossa, di san Potito all'abazia di Montevergine. Qui furono rinvenute casualmente durante i lavori di restauro dell'altare maggiore nel 1480. Ora sono custodite nella cripta del santuario.
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