Fantasmi di ieri e di oggi ad Ascoli Satriano
di Franco Garofalo
Beh, per stemperare un po’ l’atmosfera carica di suspense, e poiché in tempo di Covid-19 non è possibile proiettarla nella pubblica Piazza, suggerirei, anche se la trama non ha molta attinenza, la visione su Yuo Tube della commedia capolavoro di Eduardo De Filippo “Questi fantasmi!”, in cui si svolge quella esilarante scena del balcone, durante la quale, Pasquale (lo stesso Eduardo), ostentando un’apparente sicurezza, sorseggia seduto una tazza di caffè, appena uscito dalla macchinetta napoletana con il beccuccio ricoperto da un cuppitiello (scandisce il celebre commediografo), che ne trattiene tutto l’aroma, mentre parla con il fantomatico professore suo dirimpettaio.
Ciò premesso, e partendo dal presupposto di essere ben lungi da ogni tipo di polemica, tantomeno da un campanilismo fine a sé stesso, non ho nessuna intenzione di disquisire su Esoterismo, Occultismo, Spiritismo e quant’altro. Posso però affermare che, da credente, riconosco come vere e presenti tra noi le entità del bene (l’Angelo Custode) e quelle del male (Lucifero).
Chiedo scusa per l’intrusione, ma mi sono quasi sentito tirato in ballo, anzi caduto a fagiolo, mio malgrado, in quanto, come molti sanno, autore del libro “Li cuntë dë paurë”, Ed. Centro Culturale Polivalente Ascoli Satriano, 2016 (novelle in vernacolo ascolano nelle quali, tra il serio e il faceto, racconto le trame, con il sottofondo di un “horror” piuttosto all’acqua di rosa, a confronto con quello propinato da certa cinematografia scadente e da una televisione commerciale a volte banale) tra questi ce n’è uno intitolato “ZZë Pëtitë e lu Cifrë, che con l’aferesi sta per Lucifero, nella cui nota introduttiva accenno a padre Gabriele Amorth, noto esorcista cattolico, che da alcuni anni ha raggiunto la dimora del Padre Celeste. Il devoto Sacerdote raccontava che, durante un suo intervento liberatorio, rivolse un appellativo irriguardoso verso il suddetto ex Angelo del bene. Questi, sentitosi offeso, gli si rivolse chiedendogli di essere più rispettoso, in quanto si trovava al cospetto, pur sempre, di una creatura di Dio, una volta il più vicino a Lui nell’Empireo (il seguito lo aggiungo io: … fermamente convinto, per il divino dono del libero arbitrio, della sua scelta, a differenza di quella lunga schiera di suoi colleghi ignavi, di dantesca memoria, che all’ultimo momento trovarono la scappatoia, tipica e sempre in auge tra alcuni individui, del comodo e subdolo “NI”.
Senza divagare ulteriormente, vengo al motivo di questo mio articolo, conseguente a circostanze, non certo equiparabili a quanto affermava padre Amorth, ma che hanno dato adito, negli ultimi tempi, a un chiacchiericcio esagerato circa il Castello ducale di Ascoli con fugaci ombre, con il propagarsi di strani rumori, di grida, di lamenti,
riconducibili a un complesso di situazioni paranormali (terreno un po’ scivoloso sul
quale a volte incappò, forse volutamente, il bravo giornalista televisivo, Roberto
Giacobbo, con i suoi approfonditi reportage, trasmessi durante il programma
“Voyager” da lui stesso ideato e diretto, andato in onda su Rai 2 dal 2003 al 2018).
Personalmente, prima di ogni cosa, sarei del parere di chiedere a un Sacerdote la
benedizione per tutti i locali dell’imponente maniero (che, oltretutto, non avrebbe
bisogno di essere strumentalizzato più di tanto, in quanto ha già uno sponsor di
grande competenza, quale l’on Vittorio Sgarbi); inoltre, proporrei la celebrazione di
una Santa Messa nell’ampio cortile o nello spazio antistante, a suffragio di quanti, in
tempi remoti, perirono violentemente tra quelle mura ricche di tanta Storia, ma anche
di loschi e risaputi intrighi di Corte, senza importunare gli accalappia fantasmi di
professione né confondere archi di fondazione con ingressi a sotterranei spazi
misteriosi.
Restando in tema di fantasmi, voglio riferire alcuni particolari che riguardano noi
ragazzini di molti anni addietro. Penso che nessuno oggi lo faccia, ma allora, forse
perché scarseggiavano favole che terminavano con il consueto e rassicurante “ …e
tutti vissero felici e contenti.”, si cercava in ogni modo di intrattenerci e intimorirci
con racconti misteriosi, per non dire raccapriccianti, legati anche ad avvenimenti
realmente accaduti: per noi, esperienze sicuramente negative che lasciavano un certo
segno. Con sincerità, però, devo ammettere che eravamo stranamente attratti da quei
racconti, anche se alla nostra ingenua curiosità si accoppiava una paura tremenda.
Di solito, l’affabulazione era particolarmente impartita nelle serate invernali
intorno al braciere; mentre le parti più buie del paese (allora l’illuminazione pubblica
era scarsa) diventavano la scenografia ideale per le narrazioni più macabre.
Vicino casa mia, in via Trieste (sotta San Pëtitë), vi erano due immaginari
avvistamenti, ricorrenti nelle ore serali o notturne.
Il primo avveniva in via Galiani, scendendo la rampa di scale che porta alla
Piazza, per la precisione (guardando verso l’alto, a sinistra) sul ballatoio sovrastante
l’abitazione di Carmine D’Adamo (per me: l’indimenticabile Fornellë). Ebbene, in
quello spazio, narravano che tutte le notti si snodava uno strano corteo funebre con
corone di fiori che procedevano senza essere sorrette da alcuno. Il motivo? Nel
caseggiato attiguo era avvenuta, tempo addietro, una terribile disgrazia: abitava un
addetto alla preparazione dei fuochi d’artificio, il quale un brutto giorno saltò in aria
dilaniato dalla improvvisa esplosione della polvere pirica.
Il secondo avvistamento, a detta della novellatrice di turno, di solito vecchiette ben
informate, avveniva in via Zuppetta: in circostanze identiche a quanto detto prima,
ma particolarmente piovose, compariva una donna alta ed elegante, vestita di nero,
con velo e guanti dello stesso colore (come era solito comporre le donne passate a
miglior vita), mentre attingeva acqua da una grondaia, che, appena scorta, si
dileguava in un baleno.
Lascio immaginare un po’ quando di sera ero obbligato giocoforza a passare da
quei paraggi!
Ma non è finita qua: a 11, 12 anni andai a studiare nel Seminario di Ascoli.
Pensavo che almeno là di fantasmi non ce ne fossero, purtroppo mi sbagliavo.
L’affabulatore di turno si materializzò in un educatore (così detto Prefetto, nella
gerarchia vi era anche il Rettore, senza il Magnifico), sicuramente la vicenda gliela
avevano spifferata anche a lui adolescente.
Al centro della spaziosa camerata o dormitorio vi era una grossa stufa di argilla,
che purtroppo d’inverno non fu mai accesa per tutti gli anni che vi soggiornai. Una
notte, raccontò il Prefetto con voce cupa e misteriosa, un seminarista, non riuscendo
ad addormentarsi, intravide una sagoma proprio vicina a quella stufa. Forse per
curiosare, si alzò, si avvicinò e, quando stette per rivolgere la parola, vide, con il capo
coperto dal cappuccio del saio francescano, un volto terreo dagli occhi rossi come la
brace. Fu solo un attimo: tutto svanì in una grossa vampata di fuoco.
Chi era? E, sì, proprio lui: l’interlocutore acerrimo nemico di padre Amorth.
Cosa dire: questi, purtroppo, sono stati i miei fantasmi che “per fortuna” non ho
mai visto o incontrato; ma ancora oggi, a distanza di tanti anni, vi assicuro, al solo
parlarne mi viene la pelle d’oca!