ROMA SABATO 20 GIUGNO ORE 15.30 MANIFESTAZIONE "STOP GENDER NELLE SCUOLE"

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Manifestazione “Stop gender nelle scuole”, parla il prof. Gandolfini
L'appuntamento è per sabato 20 giugno in piazza San Giovanni a Roma
di Federica Sterza
In vista della manifestazione “Stop gender nelle scuole” che si terrà sabato 20 giugno a Roma, RomaCapitaleNews ha intervistato il portavoce del comitato organizzatore (“Difendiamo i nosri figli”), il neurochirurgo Massimo Gandolfini, per inquadrare al meglio il discorso sull’educazione all’affettività e sulle teorie di genere.
Prof. Gandolfini, come e quando nasce il comitato “Difendiamo i nostri figli”?
“Il comitato in sé è nato da pochissimo tempo, ufficialmente il 2 giugno, quindi ha meno di un mese di vita. La mobilitazione è partita però circa due anni fa: io con altri amici abbiamo organizzato un tour in tutta Italia per cercare di informare la popolazione di quello che sta avvenendo in maniera assolutamente nascosta e larghissimamente ignorata nelle nostre scuole. Abbiamo discusso del fatto che ci sono programmi di educazione all’affettività e alla sessualità che dietro l’immagine valoriale della lotta al bullismo e alla discriminazione per l’orientamento sessuale, introducono degli elementi di tipo formativo ed educativo tipici della ideologia di genere, del cosiddetto indifferentismo sessuale. Quando abbiamo raccontato alle persone cosa stava accadendo il primo sentimento è stato lo sbigottimento, il secondo l’allarme e infine ci si è posti la domanda: ma a questo punto cosa possiamo fare?”
Avete raccolto le paure e i timori delle famiglie insomma.
“Le puare, i timori ma anche il desiderio di fare qualcosa per cercare di cambiare questo orientamento. Le strade da battere erano essenzialmente due: continuare nella propaganda porta a porta per informare e in seguito dare ‘voce a chi non ha voce’, vale a dire alle singole famiglie che riunite in una convocazione nazionale si potessero recare a bussare alle porte dei sacri palazzi per fare presente la propria contrarietà”.
Avete un’idea di quanti sarete sabato 29 giugno in piazza a Roma?
“Direi che siamo moderatamente ottimisti, nonostante sia difficile fare previsioni. Pensiamo che saremo qualche centinaia di migliaia di persone, famiglie intere, nonni, genitori e bambini di ogni età. Dal punto di vista dell’estrazione ci sarà rappresentato il popolo italiano, perché ci saranno giovani e meno giovani, ma anche persone di ogni estrazione sociale. Gente comune che vuole fare sentire la propria opionione, il comune desiderio di difendere i bambini e la famiglia”.
Al centro della vostra contestazione ci sono le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quali le criticità?
“Il documento, che nasce prima in Europa e trova l’ok in seguito anche dell’Oms, si chiama “Standard per l’educazione sessuale in Europa”, ed è datato 2010. E’ un insieme di linee guida che punta ad individuare dei percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità in tutte le scuole d’Europa. Questo documento ha dei passaggi per noi assolutamente inaccettabili e contro i quali siamo disposti a lottare con i denti. Siamo convinti che l’innocenza, la sensibilità e la fragilità del bambino devono essere tutelate ed è la famiglia a doversene occupare. I genitori sono i primi garanti, sono giuridicamente coloro che si devono occupare di allevare, crescere e proteggere i propri figli. Nessuna agenzia culturale, nemmeno la scuola, può sostituirsi ai genitori. Su tema delicato come l’educazione alla sessualità è indispensabile la previa conoscenza e approvazione dei genitori”.
Entrando nello specifico, le fasce previste dall’Oms sono molto precise. Per esempio si parla di “masturbazione infantile precoce” nella fascia 0-4 anni o di “auto-stimolazione” in quella 6-9. In cosa consisterebbero?
“L’idea di base che viene veicolata è quella del cossidetto indifferentismo sessuale, pilastro dell’ideologia gender. Sostanzialmente si sostiene che il maschile e il femminile sono dati biologici assolutamente ininfluenti nella costruzione della personalità. La personalità è un dato culturale, collegato alla biografia del soggetto e in quanto tale può essere strutturato in vari modi. Il soggetto può arrivare alla scelta e alla determinazione di appartenere ad un genere diverso rispetto a quello delle proprie caratteristiche biologiche e sessuali attraverso delle forme di iniziazione, come quelle che citava. Vengono quindi introdotti nel momento di massima vulnerabilità della psiche del bambino elementi di grande scombussolamento”.
Come si dovrebbe affrontare quindi la questione? La sfera dell’educazione alla sessualità e all’affettività deve essere solo di competenza della famiglia?
“Il primo titolare è la famiglia, lo dice anche la nostra Costituzione. Spetta al genitore l’educazione dei figli. C’è poi anche un discorso scientifico da fare: la letteratura internazionale da Freud ad oggi dice chiaramente che il bambino per poter costruire in maniera adeguata la propria personalità ha bisogno che vengano rispettata le sue tappe di sviluppo ed ha bisogno di un continuo confronto con il papà e la mamma, in un contesto di famiglia quindi. Inoltre, andrebbe detto chiaramente che l’ideologia di gender di scientifico non ha nulla, è una costruzione fanstastico-filosofica che nasce negli anni ’50-’60 che ha voluto trasformarsi in scienza attraverso i cosiddetti “gender studies” ma il cui fondamento è slegare la dicotomia tra l’identità sessuata e l’appartenenza di genere. Di scientifico questo non ha nulla, anzi: lo scientifico dice che l’identità sessuata non è solo un dato biologico ma che plasma l’ontologia stessa della persona”.
I tempi però stanno cambiando, è innegabile: con il riconoscimento delle unioni civili sarà sempre meno improbabile che un bambino abbia due mamme o due papà. Come potrà relazionarsi ad esempio all’interno della propria classe? Qual è il vostro approccio?
“Il nostro approccio è quello da una parte di formare gli insegnanti e dall’altra promuovere una cultura di grande rispetto e dignità. Non è però con la legittimazione della coppia omogenitoriale che risolviamo i problemi del bambino. I problemi del bambino vanno risoltio prendendo in considerazione il signolo caso. Questo però non deve costituire il pretesto per trasformare la famiglia, sociale naturale fondata sul matrimonio, in una forma di relazione affettivo sessuale come può essere quello delle unioni civili”.
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