Dal dattiloscritto di Antonio Mottola: "San Potito martire ascolano" del 1989 si legge:
Le testimonianze sul culto in onore di San Potito attestano chiaramente che il centro della sua irradiazione è stato l'Apulia, proprio lì dove la "Passio Sancti Potiti" pone il martirio. Dalla Puglia il culto si diffuse, soprattutto a partire dal sec. IV, a Napoli, in Campania, in Emilia Romagna, in Basilicata e in varie altre parti anche fuori d'Italia.
la città della Puglia bagnata dalle acque del fiume Calaggio-Carapelle che venera il martire Potito è ASCOLI SATRIANO, in provincia di Foggia. Sappiamo ben poco della storia dell'antica Ausculum [Meluta D. Marin, Daunia Antica, Foggia 1970, p. 131. La Mari riferisce che il nome della suddetta città appare negli scrittori greci sotto le forme di "ASCOLON" e "ASCALAION", mentre presso i latini si riscontra per la città AUSCULUM, per gli abitanti Asculani, per il territorio 'ager Asculinus'. In un'iscrizione del Corpus Inscriptionum Latinarum. IX, al n. 665 si riscontra CIVIT[AS] AUSCUL[ANORUM]. Il nome ci è noto inoltre dalle monete che portano la leggenda "AYSCLA", "AYSCLIN"]. La città viene ricordata nel 279 a. C. durante il conflitto tra Pirro e i Romani.
Ai tempi dell'Impero Romano il vasto territorio di Ausculum confinava con Trevicum (Trevico - AV), Vibinum (Bovino - FG), Aecae (Troia - FG), Arpi (vicino Foggia), Herdonia (Ordona - FG), Canusium (Canosa - BT) e Venusia (Venosa - RZ) [Cimaliae, Antiquitates venusinae tribus explicatae. Asculanensium antiquitates et Dauniae Apuliaeque Veteris Geographia, Neapoli MDCCLVII].
Inoltre il territorio di Ausculum era attraversato dalle grandi vie romane, cioè l'Appia, la Traiana, l'Herdonitana e l'Herculia.Quest'ultima strada è stata già ricordata a proposito del luogo del martirio di San Potito.
L'imperatore Traiano con la nuova sistemazione stradale della Daunia arrecò un immenso beneficio al territorio di Ausculum, trovandosi in prossimità della rete stradale che congiungeva Roma all'Oriente, ed avendo nel suo seno, come la vicina Venusia, parecchi nuclei israelitici, ebbe modo di accogliere ben presto il Cristianesimo [P.Rosario, "La Diocesi di Ascoli Satriano", in Vita Nostra. Atti delle Diocesi di Ascoli Satriano e Cerignola, Ii (1954), p.9].
Infatti il cristiano Potito di Serdica (Ausculum) era stato decapitato sul fiume Calaggio-Carapelle, ove poi fu seppellito e venerato come santo martire dalle piccola comunità cristiana locale. Così Potito nel sec.II d.C. divenne il primo santo storicamente attestato e venerato nella Daunia [P.Mele, Ascoli Satriano, Foggia 1988, p. 7].
In seguito, soprattutto a partire dal secolo IV,le comonità cristiane locali si incrementarono e ricevettero un'organizzazione stabile e definitiva, allora Ausculum venne aggregata alle dipendenze del vescovo di Herdonia [F. Capriglione - G. d'Arcangelo, Il Medioevo. Tracce Documenti Testimonianze, Foggia 1989, p.14. (Nota: l'esistenza della diocesi di Herdonia è documentata dalla firma apposta il 1° marza 499 dal vescovo Saturnino agli atti del Concilio Romano di papa Simmaco)].
Dopo il 313 il culto dei cristiani verso il martire si intensificò a causa della libertà di religione di cui venne a godere la chiesa. Si ebbe allora una maggiore solennità nella celebrazione dell'anniversario del martirio di San Potito e cominciarono a radunarsi attorno alla tomba del martire masse numerose di fedeli provenienti anche da località lontane. Ed è proprio a partire dal secolo IV che le chiese cristiane legate da rapporti di amicizia cominciarono a scambiarsi gli anniversari dei martiri, il cui culto perdeva sempre più il carattere locale per diventare universale.
In seguito, tra la fine del secolo IV e l'inizio del secolo V, il martire Potito venne conosciuto e venerato dalla chiesa di Napoli, il cui vescovo, Severo, eresse un monastero intestato al nostro santo [D. Mallardo, Storia della Chiesa di Napoli,Napoli 1943, pp. 1 ss. (Nota: Secondo il Mallardo il testo storico più antico che riporta il culto a San Potito è il Liber Pontificalis Ecclesiae Neapolitanae, ove è scritto che il vescovo Severo, che governò la Chiesa di Napoli dal 363 al 410, fece costruire a Napoli un monastero in onore di San Potito martire].
Tale notizia è presente in tre codici:
- il codice Vaticano Latino 5007 della Beblioteca Apostolica, in caratteri unciali, della metà del secolo IVX, cha ai fogli 1-100 contiene il Liber Pontificalis Ecclesiae Neapolitanae. Al foglio 10, nella biografia del vescoco Severo, si legge:"...et fecit mon.sti Martini et sci Potiti marty" [D.Mallardo, "San Potito...", op. cit., p.32]. Questa notizia appare aggiunta in un secondo momento in fondo alla pagina, anch'essa però in unciale. per questo motivo i Bollandisti ritengono che potrebbe essere una interpolazione, perché la fondazione a quest'epoca di un monastero di San Martino (morto nel 397) è un avvenimento che avrebbe bisogno di prove [H.Delehaye, "Hagiographie Neapolitanae, Les martyrs e les saint éveques", in Analecta Bollandiana, LIX (1941) 17];
- il codice Laurenziano 604 della Biblioteca Nazionale di Firenze, contenente il Catalogo Bianchiniano, che è un compendio del Liber Pontigficalis Ecclesiae Neapolitanae redatto agli inizi del secolo X, dice:"...et fec. sci Martini et sci Potiti monas". [D.Mallardo, "San Potito...", op. cit., p.32];
- il codice Corsiniano 777, della Biblioteca Nazionale di Firenze, del secolo XII-XIII, che attinge al Liber pontificalis Ecclesiae Neapolitanae, riporta quanto segue:"... et fecit duo monasteria Martini Christi Confessoris et sancti Potiti martyris" [D.Mallardo, "San Potito..."].
In sintesi, possiamo ritenere che i tre codici suddetti riportano sostanzialmente la stessa notizia storica: il vescovo Severo fece costruire i monasteri di San Martino (morto nel 397) e di San Potito martire.
Gli stessi Bollandisti, nel commento agli atti "De S.Potito martyre" [Acta Sanctorum Ianuarii, op. cit., p.32], trasmettono la notizia secondo cui a Napoli dal vescovo Severo fu dedicato a San Potito un tempio e un monastero. Questa notizia è presente nell' ottava lezione dell' Ufficio che si recitava in detto monastero in onore di San Potito: "[Il Vescovo Sulpicio Severo] fece due monasteri, uno del Vescovo e Confessore Martino e l'altro del martire Potito". Il Mallardo sostiene che nulla di inverosimile c'è nell'erezione di un monastero nei primi del secolo V, a Napoli, da parte del vescovo Sulpicio Severo. Infatti la seconda metà del secolo IV è il tempo in cui si diffonde il monachesimo in Italia, specialmente in Campania e nella Sicilia. [D. Mallardo, "S. Potito...", op. cit., p. 32]. Il Mallardo stesso, trattando dell'amicizia di Paolino di Nola con il vescovo di Napoli Sulpicio Severo, autore della "Vita Martini", fa notare che Paolino diffuse l'ideale e la vita monastica non solo a Nola, ma anche a Roma [Ibidem, p.33]. Tale notizia accredita maggiormente l'erezione da parte di Sulpicio Severo di un monastero in onore si San Martino e quindi la notizia, ad essa collegata, di un monastero dedicato a San Potito.
Se rimane impossibile fissare la data esatta della fondazione del monastero di San Potito a Napoli, non si è molto lontani dalla verità quando si afferma che essa risale agli ultimi anni del secolo IV o ai primissimi del secolo V. Si tratta evidentemente di uno dei primi monasteri sorti in Italia proprio nel periodo in cui la Chiesa, dopo l'era dei martiri, poteva professare liberamente la fede cristiana.
E' dunque storicamente accertato che Sulpicio Severo eresse a Napoli un monastero dedicato a San Potito nel luogo oggi denominato "Largo proprio di Avellino" [S. Fargaglio, Edifici monumentali annessi alle principali caserme dell'Arma dei carabinieri di Napoli, Napoli 1950, p. 89. (Nota: l'autore afferma che il vescovo Severo accolse in questo monastero le monache basiliane)]. Il monastero, all'inizio del sec. VII, cambiò la regola di San Basilio per quella di S. Benedetto, e rimase in quel sito fino alla fine del secolo XVI, mantenendo sempre vivo il culto in onore di San Potito. Difatti nel 1552 l'abbadessa Maria di S. Felice commissionò l'Ufficio di San Potito. Nel 1615 le monache, con l'autorizzazione del papa Paolo V, vendettero al principe di Avellino, don Camillo Caracciolo, il loro monastero per 13.000 ducati e comperarono sulla Costigliola un deliziosissimo palazzo con giardino e lo adibirono a convento. Successivamente vi costruirono il monastero e, più tardi, anche la chiesa, intitolati a San Potito. Infine, nel 1809 le monache benedettine furono espulse ed il convento di San Potito fu adattato a caserma di fanteria, mentre la chiesa fu abbandonata fino a quando Francesco I di Borbone, il 27 marzo 1827, ne concesse l'uso alla Reale Arciconfraternita degli Ufficiali dei Banchi, fondata nel 1645 e tuttora esistente, che la custodisce con cura e devozione [Ibidem, p.90]. Attualmente l'annesso ex-monasteroè una caserma di carabinieri intitolata a "Salvo D'Acquisto".
Il culto in onore di San Potito è testimoniato nel sec. VIII anche in Emilia Romagna, nella località ora detta di "S. Potito - Lugo di Romagna". In riferimento a questa località, da uno studio del Lucchesi ricaviamo quanto segue:
"...a proposito di S. Potito, il Rossini riporta i testi anteriori alla polemica Faenza-Ravenna riguardanti questa località, fino ad una carta del 767 (pubblicata dal Muratori, Antiquitates Italicae Mesi Aevi, III, p. 889) e ad un' iscrizione romana che vi si conserva (G. Rossini, Le antiche iscrizioni romane di Faenza e dei Faventini, Faenza 1938, p. 97), ..." [G. Lucchesi, "Ricerche agiografiche e liturgiche", in Studi Romagnoli, VIII (1957), p. 456].
Questa denominazione storica della diffusione del culto di San Potito nel secolo VIII nella Romagna attesta che il nostro martire è conosciuto e venerato in un luogo lontano dal dato topografico del martirio.
Tracce di devozione a San Potito riscontriamo in documenti riguardanti il ducato di Benevento. Nell'anno 709 appare per la prima volta una località denominata "ad aquam sancti Petiti". Infatti il duca di Benevento Romualdo II (706-731), con atto del notaio Annume, concede a Teodorico, abate beneventano di San Pietro, alcuni servi e coloni nella località "ad aquam sancti Petiti" [A. Di Meo, Annali critici diplomatici del regno di Napoli, Napoli 1796, ann. 709, 2]. Il Mallardo ipotizza che, se la località "ad aquam sancti Petiti" prende nome dal martire dell'Apulia, abbiamo una prova della diffusione del suo culto intorno ai primi anni del secolo VIII anche nel ducato di Benevento [D. Mallardo, "San Potito...", op. cit., pp. 35 s.].
Del culto di San Potito ci dà altra notizia una cronaca monastica, il Chronicon Vulturnense, che riferisce per l'anno 839 di una sentenza del principe Sicardo in favore del monastero di Santa Maria in Lagosano, il quale aveva una causa col vescovo di Benevento per il possesso di una chiesa di San Felice. I difensori del monastero dicono nel loro esposto: "Il vescovo Giovanni riconobbe la bontà del prete Guetichi e così gli diede in compenso proprio le chiese di San Nicandro, Sant'Angelo e San Potito, le quali sono parrocchie già appartenenti a Quintodecimo, ed ancora oggi pare che vi appartengano" [Chronicon Vulturnense, I, V. Federici ed., Roma 1925, p. 297].
Il culto di San Potito nella città di Benevento si sviluppò probabilmente al tempo del duca Sicardo (818-839), quando vi furono portate le reliquie del martire [Cfr. uno dei fascicoli del Codice miscellaneo IX.C.33 del secolo XVI-XVII, della Biblioteca Nazionale di Napoli, in D. Mallardo, "S. Potito...", op, cit., pp. 26 s.]. Queste reliquie furono poi rinvenute nell'anno 1119 dall'arcivescovo Landolfo, il quale "mostrò in pubblico i corpi di S. Marciano, S. Doro, S. Potito, S. Prospero, S. Felice, S. Cervolo e S. Stefano, i quali da lunghissimo tempo in non degni sepolcri giacevano" [G. Del Re, Cronisti e Scrittori sincronici napoletani, Napoli 1845, p. 178].
Da due pergamene dell'abbazia di Montevergine, risalenti rispettivamente al 1101 e al 1472, è testimoniato l'esistenza in Benevento della chiesa di San Potito. Le riportiamo integralmente:
"1101, ottobre. Ind. X. Pasquale (II) Pp. a.3. Benevento
Giovanni, chier. e not. di Avellino.
Sottoscritto da Drogo e Ademaro.
Pandolfo, f. del q. Ademaro, vende a Dauferio, f. del q. Dauferio, due case, di cui una di fabbrica e l'altra di legno, con terra "vacua", site dentro la città nuova di Benevento, vicino alla chiesa di S.Tecla e vicino alla Piazza pubblica, per dove si va alla chiesa di S. Potito, per il prezzo di 40 denari (XXVI, 24)" [G. Mongelli, Regesto delle pergamene dellAbbazia di Montevergine, Pubblicazioni Archivi di Stato, I, Roma 1956, p. 46, n. 95];
"1472, dicembre 11, Ind. VI. - Sisto Pp. a.2. Benevento, monastero di S. Giacomo.
Vito Mauriello, canonico di Benevento, pubb. not. apostolico. Bartolomeo Gagliardo confessa di tenere, a titolo di permuta, dal monastero di S. Giacomo de Mascambronibus di Benevento una casa in Benevento, nella stessa parrocchia di S. Giacomo, con facoltà di poterla affrancare, entro un dato tempo non ancora decorso, con beni dal reddito annuo di 3 tarì e 15 grana; ora, volendo appunto affrancare quella casa, egli si accorda con Giacomo Jencarella, monaco di M.V. e priore di S. Giacomo, e quello si impegna a corrispondere 3 tarì e 15 grana al monastero nella festa di S. Giacomo, ipotecando quel censo su una casa in Benevento, nella parrocchia di S. Potito (XXV, 20)" [G. Mongelli, Regesto delle pergamene dell'Abbazia di Montevergine, Pubblicazioni Archivi di Stato, I, Roma 1958, p. 145, n.4372].
Anche ad Ima, frazione del comune di Lauro (Avellino) e diocesi di Nola, c'è una chiesa parrocchiale intitolata a San Potito. Questa chiesa è menzionata in una pergamena dell' abbazia di Montevergine, nella quale si legge:
"(1038), febbraio. Ind. VI. - Guaimaro (IV) a. 20, Giovanni (III) a. 1.
Bisanzio, chier. e not. di Lauro.
Mari, f. del q. di Stefano, di Ima, territorio di Lauro ("de loco Ima lauritanae finibus"), riceve a censo da Mari, presb. custode e rettore della chiesa di S.Potito, costruita nel suddetto luogo di "Yma", tre pezzi di terra appartenenti a questa chiesa, siti vicino alla medesima, con obbligo do lavorarli e corrispondere a quella chiesa la metà dei frutti (XLIX, 78)" [G. Mongelli, Regesto delle pergamene dell'Abbazia di Montevergine, Pubblicazioni Archivi di Stato, I, Roma 1958, p. 31 s, n.41].
Il culto a San Potito è vivo anche nella città di Capua. Infatti Michele Monaco afferma che nel "Breviario Capuano" l'Ufficio dell'Ottava dell'Epifania conteneva la quinta e la sesta lettura di San Potito [Acta Sanctorum Ianuarii, op. cit., p. 758]. Inoltre un calendario del Monastero delle suore di S. Giovanni di Capua [Ibidem, p.753, n.1]e due Calendari Capuani dei secoli XII e XIII [Ufficio, Messa, Novena Liturgica in onore di S. Potito M., op. cit., 1968, p. 15], attestano l'esistenza di un culto in onore di San Potito.
Infine, il testo liturgico più antico che stabilisce la data della festa del nostro martire è il famoso
Riassumiamo brevemente gli elementi che attestano la diffusione del culto in onore di San Potito attraverso i secoli in Italia, specialmente nel meridione:
- in Napoli, monastero di San Potito (fine secolo IV) - inizio secolo V) e Calendario marmoreo (secolo IX);
- località San Potito presso Lugo-Ravenna (secolo VIII);
- nel ducati di Benevento, località "AD QUAM SANCTI PETITI" e chiesa di San Potito, parrocchia appartenente a Quintodecimo, oggi Mirabella Eclano (AV) )secolo IX);
- in Benevento, traslazione delle reliquie del martire (secolo IX), loro ritrovamento (secolo XII), e chiesa di San Potito (secolo XII);
- chiesa di San Potito a Ima di Lauro (AV) (secolo XI);
- culto vivo di San Potito a Capua (secolo XI).
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