S. POTITO MARTIRE - LE DUE REDAZIONI DELLA "PASSIO SANCTI POTITI"

Dal dattiloscritto di Antonio Mottola: "San Potito martire ascolano" del 1989 si legge:

I documenti attestanti il martirio di San Potito sono cinque, dei quali tre riconducibili alla prima redazione e due alla seconda [Bibliotheca Hagiographica Latina, Bruxelles 1900-1901, p. 1006, nn. 6908-6912; Supplementum 8alla stessa opera), Bruxelles 1911, p.259, n. 6910]; pur divergendo nella forma, essi non differiscono nella sostanza. La prima fonte, la più antica e più breve, è contenuta in parecchi codici; il più antico di essi è il codice MP.TH.Q.28A. dell'Università di Wurzburg ["Catalogus Coducum Hagiographicorum Ltinorum Bibliothecae Univeritatis Wurziburgensis", in Analecta Bollandiana, XXXII, (1913), p. 425.]; risalente all'VIII secolo.
La seconda fonte, più ampollosa, oggi si trova solo nel codice VIII.B.3 della Biblioteca Nazionale di Napoli e risale al secolo XI [A. Poncelet, " Catalogus codicum hagiographicorum latinorum bibliothecarum Neapolitanarum", in Analecta Bollandiana, XXX (1911), p. 154. Il Mallardo ritiene che le due redazioni della "Passio Sancti Potiti" siano sorte nell'Italia meridionale, rilevando che in esse ci sono numerose analogie con composizioni agiografiche dell'Italia meridionale. [La seconda redazione della "Passio" si trova unita ad altre tre "Passiones" di agiografi napoletani dei secoli IX e X, e poiché a Napoli, sin dal IV-V secolo, era vivo il culto a San Potito e fioriva un monastero omonimo, ciò indusse il Mallardo a pensare che essa fosse di origine napoletana]. Inoltre il Mallardo sostiene che non è possibile fissare uba data di composizione per la "Passio Sancti Potiti", perché mancano gli elementi interni che consentono di esprimere un giudizio. Gli elementi di pura fantasia che la compongono, non offrono di sicuro he la personalità storica del martire, la data festiva e il dato topografico. Allora, ricorrendo alla critica testuale, si dovrà tener conto solo dell'esemplare manoscritto in nostro possesso, per risalire quanto più possibile indietro nel tempo, ad una copia che si avvicini all'originale della "Passio Sancti Potiti". I codici manoscritti che ci hanno trasmesso la prima redazione della "Passio" del nostro martire partono dal secolo VIII e arrivano fino al XVII secolo. Il codice più antico riale al secolo VIII ed è costituito dal testo MP.TH.Q.28A della Biblioteca dell'Università di Wurzburg [F. Capriglione, La patria d' origine del martire Potito, Ascoli Satriano 1978, pp.3,43]. E' un codice membranaceo che ai fogli 63-70v. contiene la "Passio Sancti Potiti", ossia il racconto del martirio subìto sotto l'imperatore Antonino r il suo luogotenente Gelasio.
Nell'anno 822 a Reichenau, nel monastero Augiense, si conservava un codice contenente la "Passio Sancti Potiti". Come è mai possibile che, agli inizi del secolo X, a Reichenau, nel cuore dell'Europa Occidentale e precisamente in un' isola del lago di Costanza, circolasse e si possedesse una "Passio Sancti Potiti"? Il Mallardo ci ricorda a tal proposito che nell'età Carolingia ci furono scambi culturali tra l'Italia e i monasteri d' Oltralpe. Allora non ci si meraviglierà che, agli inizi del secolo IX, a Reichenau esista una "Passio"" di un santo dell' Italia meridionale [D. Mallardo, S. Potito..., p.11].
Ma il codice più importante è quello appartenente alla Biblioteca vaticana, detto "Reginae Sueciae 482", della fine del secolo IX. Tra l'altro, è da sottolineare l'ingente lavoro compiuto nel 1643dal Bollandisti, i quali, nel pubblicare la prima redazione della "Vita di San Potito", hanno scrupolosamente confrontato diversi manoscritti ["Gli atti di S. Potito li aveva trascritti il nuovo Rosweid di propria mano dall'antichissimo codice del M. Velseri, che abbiamo confrontato con l'altro manoscritto del monastero di S. Massimino" - trad. di Mottola -, in Acta Sanctorum Januarii, I, Anversa 163, p. 753, n. 3].
In sintesi, si può affermare che tutti i codici della prima redazione, anche quelli più recenti, pur presentando lievi varianti, nella sostanza riferiscono identiche notizie sul martire Potito. La seconda redazione della "Passio Sancti Potiti" è una parafrasi della prima redazione e contiene le stesse notizie della prima, ad eccezione di tre elementi nuovi, messi in luce già dai Bollandisti e ripresi poi dal Mallardo: la datazione del martirio e due precisazioni di carattere geografico. i codici della prima redazione manifestano costantemente l'indicazione che Potito morì sotto l'imperatore romano Antonino, cioè nell'anno 166 dall'Incarnazione del redentore, ebbe inizio per tutto il mondo cristiano la quarta persecuzione dal tempo di Nerone [Acta Sanctorum Ianuarii, I, Anversa 1643, p. 758, n.3].
Nella prima redazione è detto che il santo da SARDICA, sua patria d' origine, fu portato da un nube in Epiro, donde si recò nella città di valeriana a guarirvi Quiriaca, e che il preside Gelasio dovette salire su di un monte per trovare Potito; nella seconda, invece, è scritto che Potito dalla sua terra natale va in Epiro dove è la città di Gargara, poi va nella città di valeriana e da qui si porta su si un monte non lontano da Gargara, e finalmente il preside Gelasio, mandato da Antonino per trovarlo, sale a Gargara.
Gargara [Acta Sanctorum Ianuarii, p.760, n.14] è l'elemento nuovo della seconda redazione, per tutto il resto le due redazioni coincidono. Un terzo elemento di non perfetta corrispondenza fra la prima e la seconda redazione è costituito da una lieve discordanza a proposito della patria del santo. La prima redazione, infatti, parla di SARDICA o SERDICA, intesa da alcuni redattori come città della Tracia; la seconda, invece, dice generalmente "cittadino dell'Oriente" e l'Ufficio lo riconosce come colui che è "nato in oriente".
Comunque le due redazioni, come si è detto, sostanzialmente coincidono anche nelle due coordinate importanti: il luogo e il giorno del martirio.
La seconda redazione ci è pervenuta im un solo esemplare manoscritto, un codice della Biblioteca Nazionale di Napoli, l' VIII.B.3 del secolo XI [A. Poncelet, Catalogus codicum hagiographicorum latinorum bibliothecarum Neapolitanarum", in Analecta Bollandiana, XXX (1911), p. 154]. Il Mallardo, a proposito del codice VIII.B.3, si pone il problema se esso sia stato sempre il solo a contenere le seconda redazione della "Passio Sancti Potiti". I Bollandisti precisano che gli atti della seconda redazione, composti da un antico anonimo, li avevano presi a Napoli dal padre Antonio Beatillo, che li aveva trascritti da un antichissimo codice del monastero di San Potito di Napoli, e che pubblicarono insieme con alcuni inni dell'ufficio Divino in onore di san Potito dell' antichissimo omonimo monastero di Napoli. Ma il codice da cui copiava il padre Beatillo era lo stesso dell'attuale codice VIII. B. 3 della Biblioteca Nazionale di Napoli?
Cediamo la parola completamente al dotto Mallardo:
"Sembrerebbe una quistione facile a risolversi con un'attenta collazione del testo bollandiano degli "Acta Sanctorum" con l'VIII.B.3, ma non è così. Il primo luogo non siamo sicuri che la copia del padre Beatillo sia una trascrizione rigorosamente fedele del codice pervetusto del monastero napoletano di S. Potito; in secondo luogo non sappiamo se i Bollandisti abbiano conservato, senza nulla mutare, il resto del Beatillo; tanto più che essi dicono di averlo collazionato con l'Ufficio di S. Potito, del medesimo monastero, pubblicato nel 1533. Di fronte, dunque, a parecchie variazioni formali, molte delle quali rappresentano, nell'edizione bollandiana, dei miglioramenti, n confronto del codice VIII.B.3, non si ci sentirebbe autorizzati a trarre la conclusione sicura che il codice VIII,B.3 sia diverso dal "codex pervetustus" del monastero di S. Potito, da cui il Beatillo traeva la copia trasmessa ai Bollandisti. Ad un'attenta collazione dell'edizione bollandiana con l'VIII.B.3 ho già provveduto. ma vi sono delle varianti che possono indurre ad accogliere la conclusione opposta" [D. Mallardo, S. Potito..., pp.12s.].
Dei tre casi esaminati dal Mallardo, prendiamo in esame uno solo, tanto per avere un'idea della complessa questione.
Quanto la "Passio" narra che San Potito va in Epiro,

l'edizione Bollandiana riporta: "a patria sua in Epirum ubi est Gargara civitas, CONVOLANS, ibi Christum praedicabat";
il codice VIII.B.3 riporta: "a patria sua Haepyrum, quae est Thracia civitas CONVOLANS ibique Christum praedicans".

Prosegue il Mallardo, "Ubi est Gargara" si potrebbe, tuttavia, pensare che siano correzioni del Beatillo a "quae est Thracia civitas", del codice, che per lui, dopo Hepirum, non avevano senso. Le correzioni gli sarebbero state suggerite dal fatto che egli più avanti leggeva che quando il preside Gelasio andò a cercare Potuto, lo trovò a Gargara. L'inciso "quae est thracia civitas" non è, tuttavia, a mio modo di vedere, un assurdo; è solo una frase spostata. Il testo, invece di essere "a patria sua Epirum, quae est Thracia civitas, convolans", come è ora nell' VIII.B.3, doveva essere, nel codice da cui copiava il Beatillo, "a patria sua, quae est thracia civitas, in Epirum convolans". le parole: "quae est Thracia civitas" potrebbero anche essere state, in origine, una glossa a Serdica della Passio A [Il Mallardo indica la prima redazione della "Passio" con la sigla "A"].

Dunque il codice VIII.B.3 non è l'unico codice della passione della seconda redazione: oltre ad esso ci furono il testo originale e il pervetusto codice del monastero di S. Potito di Napoli. Mi pare che, nonostante le varianti, dovute chiaramente agli errori commessi dagli amanuensi per la loro incomprensione storico-geografica dei toponimi della "Passio", può essere descritta una mappa circa il luogo d'origine, i luoghi della vita ascetica, la data festiva e il luogo del martirio di San Potito.