Dal libro di F. Capriglione "La Patria di origine del martire Potito", Ascoli Satriano 1978 si legge:
La patria del martire costituisce, dopo il luogo del martirio, l'altro elemento topografico fondamentale della "passio". Anche in questo caso, per ritrovare la lezione più probabile, occorre confrontare tra loro le varianti date dai codici, che sono:
a) in "civitate Serdica" (codice dell'Archivio capitolare di S. Pietro in VaticanoA.2, del secolo X-XI);
b) in "Serdica" (codice VIII.B.6 della Biblioteca Nazionale di Napoli, del secolo XI);
c) in "civitate Serdicia" (Ms. S. Maximini);
d) in "civitate Serditia" (codice Vaticano Latino Reginae Sueciae 482, del secolo IX);
e) in "civitate Sardica" (codice 91 della Bibl. Alessandrina, copia di un manoscritto longobardo del monastero di Casanova),
(codice 94 della Bibl. Alessandrina, del secolo XVI-XVII),
(codice H3 dela bibl. Vallicelliana, del secolo XVI-XVII),
(Acta Sanctorum, del XVII secolo).
Dal confronto emerge che la lezione più probabile è "Serdica" o "Sardica". Ed è proprio questa lezione che ha dato luogo a varie supposizioni sulla patria del martire, che è bene ricapitolare e sottoporre ad esame critico.
1 - La "Serdica" della "Passio" sarebbe "Sardica" in Tracia (l'attuale Sofia).
Questa è la supposizione comune alla seconda redazione della "passio" e all'Ufficio. La seconda redazione, infatti, fa il martire "orientalium partium civis" [AS Ianuarii, I, Anversa 1643, p. 758, - cittadino dell'Oriente -], e l'Ufficiolo dice "Eois ortus oris" [AS ianuarii, I, Anversa 143, p. 766 - nato in oriente -]. la seconda redazione presente una variante tra l'edizione bollandiana e il codice VIII.B.3 della Biblioteca Nazionale di Napoli.
L'edizione bollandiana ha: "a patria sua in Epirum, ubi est Gargara civitas" (dalla sua patria all'Epiro, dove c'è la città di Gargara).
L' VIII.B.3 invece ha: "a patria sua haepyrum, quae est Thracia civitas" (dalla sua patria ad Epiro, che è una città della Tracia).
Il Mallardo ritiene che l'origine devesse avere: "a patria sua, quae est Thracia civitas, in Epirum convolans" (volando dalla sua patria, che è una città della Tracia, all'Epiro), e che le parole: "quae est Thracia civitas" potrebbero anche essere state in origine una glossa a "Sardica" della "passio A" [Mallardo, S. Potito..., p.14].
I Bllandisti notano che in Epiro non sono riusciti a trovare nessuna città chiamata Gargara, mentre è conosciuta Gargara nella troade [AS Ianuarii, I, Anversa 1643, p.759]. Ma a distanza di tre secoli il Mallardo è in grado di dire che 2della esistenza di una Gargara nell'Epiro ci assicura Stefano Bizantino (perì pòleoon, s.v. Gàrgara)" [Mallardo, S. Potito..., p.12].
Quanto alla prima redazione, che racconta che il martire fu portato in Epiro nella città di Valeriana, sia i Bollandisti sia il Mallardo dichiarano di non conoscere nessuna città con tale nome. Tuttavia i Bollandisti notano che esistono molte città e regioni denominate Valeria e che, se si ammettesse che Potito è sardo, si potrebbe supporre un riferimento a una città della Sardegna, che Tolomeo (III,3) chiama Valeria, sebbene alcuni ritengono che egli avesse scritto "Valentia", poiché in seguito colloca nella stessa partedell'isola, non lontano da cagliari, i popoli Valentini [AS Ianuarii, I, Anversa 1643, p. 755].
Il Caracciolo, che aveva a disposizione la ricca biblioteca del suo monastero teatino del SS. Apostoli, scrive: "Habeo apud me Acta D. Potiti ame conflata ex trbus ms. codicibus, totidemque antiquis lectionariis" (possiedo gli Atti di S.Potito da me composti utilizzando tre codici manoscritti ed altrettanti antichi lezionari) [CARAGGIOLO, De sacris...,p.139], ma non specifica l'età dei codici ed aggiunge: "Acta Potiti apertissime clamat patriam eius fuisse in Oriente. Vel, ut unus ex iis codd. innuit, in Thracia" (Gli Atti di Potito mostrano chiaramente che la sua patria fu in oriente o, come suggerisce uno di quei codici, in Tracia) [Caracciolo, De sacris..., p.139].
Il Regio, accogliendo l'origine orientale del martire, scrive: "nacque... nelle pari orientali, la cui patria narrasi essere stata la città di Sardica2 [Regio, Vita di S. Potito martire, Vico 598, p. 5].
2 - La "Serdica" della "passio2 sarebbe la Sardegna. S. Potito diventa sardo a partire dal 1580 ad opera del Fara [Fara, De rebus Sardois, Calari 1580, p. 72-73], poiché il martire era venerato a Cagliari.
Il Baronio, avendo ricevuto notizie sul martire solo dalla Sardegna, accreditò l'appartenenza [C.Baronio, Annale Ecclesiastici, II, 286], e così l'origine sarda di S. Potito divenne un luogo comune, ribadito in seguito dall'Arca [Arca, De Sanctis Sardiniae, Calari, 1598, p.54-57], dal Serpi [Serpi, Chronica..., Barcellona 1600, p.29-50], dal ferrari [Ferrari, catalogus sanctorum italiae, Milano 1613], dal D'Engenio Caracciolo [D'Engenio Caracciolo, Napoli sacra, Napoli 1624, p.599], dal Vipera [Vipera, Catalogus ..., p.3-4].
Il Rosweid fa derivare l'origine sarda dal fatto che la "passio2 presenta il martire "in Sardica": "Acta habent Potitum constitutum in Sardica, quae est Daciae vel Thraciae. an inde origo de Sardinia?" [AS Ianuarii, I, Anversa 1643, p.753] (Gli Atti pongono Potito residente a Sardica che è della Dacia o della Tracia. Di qua forse l'origine sarda?).
Al contrario il Rosweid ritiene il martire originario della dacia, perché "in vita habetur Potitum in monte inventum; et Dacia montosa" (nella Via Potito viene trovato su di un monte; e la daci è montuosa) ed " Apulum, sive Apulensis colonia, Daciae urbs" (Apulo, ossia la colonia apula, è una città della dacia9 [AS Ianuarii, I, Anversa 1643, p. 753].
Ma i Bollandisti rispondono a tale supposizione del Rosweid: "Non liuet" (Non è possibile) [AS Ianuarii , I, Anversa 1643, p.753].
Anche Regio suppone che sia scritto "per errore di stampatori, Sardegna per Sardica patria di S. Potito" [Regio, Vita di S. Potito martire, Vico 1598,p.5]. similmente il Lanzoni scrive: "Alcuni hanno attribuito all'Apulia il celebre martire Potito (12 gennaio), perché nella sua Passione (BHL, 6908 9 si legge che fu decollato presso il fiume "Calabrum" nella "colonia Apulensis". Ma questa colonia si trovava nella Dacia, non nell'Apulia. Un caso simile è avvenuto in sardegna. S. Potito fu assegnato a quest'isola perché nella stessa Passione si legge che il martire era "constitutus in Sardica", e si è confusa la città di Sar.(ica) con l'isola Sar.(inia 9" [Lanzoni, S.Potito ..., p.18].
Nota giustamente il Mallardo: "E' una ipotesi assolutamente gratuita: nessun codice, infatti, della "passio" presenta l'abbreviazione Sard" [Mallardo, S. Potito ..., p.22 ]. e ancora: "L'ipotesi assolutamente gratuita: nessun codice, infatti, della "passio2 presenta l'abbreviazione Sard." [Mallardo, S. Potito..., p.22]. e ancora: " l'ipotesi del Lanzoni, di una derivazione di Sar.(inia) da Sard. (ica) è tolta di peso dal Rosweid; ma nessun codice presenta l'abbreviazione Sard. e tutti hanno Sardica, o Serdica, o Sertica per esteso: l'ipotesi è assolutamente gratuita. La nazionalità sarda di S. Potito spunta soltanto alla fine del 1500, e trae la sua origine dal culto ributato nell'isola al santo" [Mallardo, S. Potito..., p.22]. Dallo stesso Rosweid il Lanzoni ha preso il dato della "colonia Apulensis", che è ignota a tutta la tradizione manoscritta.
3 - La "Serdica" della "passio" sarebbe in Puglia. "ATTRIBUISCO POTITO ALL'APULIA", scrive il Mallardo [Mallardo, Il Calendario Marmoreo di Napoli, Roma 1947, p.89]. E ancora: "E' assurdo supporre che l'autore della "passio" del sec. IX, abbia trovato, nel testo più antico che egli ampliava, il toponimo "Serdica", e che, non conoscendo egli se non la celebre Serdica di Tracia, abbia identificato con questa la "Serdica" della "passio", ed abbia, per conseguenza, inventato poi il volo di S. Potito dalla Tracia nell'Epiro, dove, non si capisce come lo manda da Roma a cercare l'imperatore Antonino?... Se non è lecito dubitare né della storicità di S. Potito, né della sua appartenenza all'Apulia, c'è qualche modo per spiegare come la "passio" ne abbia fatto un orientale, nativo di Serdica?. Si sa bene che gli agiografi spesso lavorano a capriccio con elementi di pura invenzione e si compiacciono di far venire i loro eroi da paesi lontani. Per fermarmi solo ad alcuni si santi dell'Italia meridionale collegati con l 'Oriente, ricordo che vengono da Antiichia Erasmo di Formia, Ippolito (o Ipolisto) e Modestino di Avellino; dalla Dalmazia Giuliano di Sora; dall' Epiro Panfilo di Sulmona; Massimo e giuliana di Cuma da Nicomedia; Paterno di Fondi e Leucio di Brindisi dall'Egitto" [Mallardo, S. Potito..., p. 25-26].
Il Rosario da parte sua dichiara che " da una bella iscrizione di un sarcofago romano, che un esame paleografico e storico dimostra essere con sicurezza del II secolo, noi apprendiamo non soltanto il nome pieno del santo, VETURIO PUBBLIO POTITO, ma anche l'acerbo dolore che la madre pagana ebbe a soffrire per il martirio del suo diletto figliuolo". [Rosario, Appunti per S. Potito, p. 3 (dattiloscritto)]. Riportando il testo dell'iscrizione, aggiunge; "Nella nobile senatoria "gens Publilia" era penetrata già feconda la parola redentrice del cristianesimo. Non solo Veturio Potito, ma anche sua sorella Elia Teodora, maritata nell'altra nobile famiglia Elia, era morta cristiana. Un titolo marmoreo scoperto nella vicina Cornito, ed ora sotto l'arco dell'orologio municipale di Ascoli Satriano, parla appunto della famiglia Elia, cui erasi disposata la sorella di S. Potito. Questo monumento, per varie ragioni prezioso, ci conduce alla scoperta del paese nativo del martire... Qui perciò in Satriano nacque Potito, quando, secondo gli storici puù accreditati, vi furono, qui e nella vicina Venosa, dedotte colonie romane cui si assegnarono i confini risettivi. L' "ager publicus" venne dapprima suddiviso ai legionari, e molte famiglie vi ebbero, in conseguenza, stabile sede. Più tardi, dopo la disfatta dei Gracchi e i conflitti della guerra sociale. Il territorio fu occupato dai grossi armenti delle famiglie patrizie romane, tra cui l'Elia, la Publilia ecc., da cui nacque Veturio Potito, nei suoi possedimenti di Ascoli Satriano" [Rosario, Appunti..., p.3-4].
L'iscrizione di cui parla il Rosario apparteneva a un sarcofago romano, di cui è rimasta la sola "tabula inscriptionis", ed è CIL, VI, 1537, addit.3142 [E.Diehl, Inscriptiones latinae christianae veteres, I, (1925), 129], conservata ora nella Galleria lapidaria del Museo Vaticano(Parentes, III). Sul sarcofago erano rappresentati:a sinistra una donna con un volume nelle mani in un clipeo sorretto da due geni, e a destra un fanciullo con la tunica laticlavia e un volume, sotto l'iscrizione: un pastore col gregge. Ecco il testo dell'iscrizione:
CRUDELIS INPIA MA
TER- CARIS SUIS DILCIS
SIMIS - VET - PUBLILIO POTITO
CV - QUI VIXIT - AN -N - XIIIDI-
LV -ET AERIAE AELIAE THEO
RE HF -QUE VIXIT - AN - N -XXVII
DI - XLI - INFELICISSIMA MATER
QUE VIDIT FUNUS SUUM - CRUDELISSIMUM - QUE SI SEUM
PROPITIUMHABUISSE - HOC
DEBUERA AB EOS PATI
Il Mallardo, occupandosi anch'egli dell'iscrizione rileva:
a) che essa è stata giudicata cristiana solo dal De Rossi;
b) che però le lettere sono state ritenute dallo Henzen del III secolo circa;
c) che il VET della terza linea può essere abbreviazione di VETURIUS [De Rohden-Dessau, Prosopographia Imperii Romani , III, Berolini 1898,
p. 92, nr.678; p.417] o di VETTIUS [CIL, VI, par VI,fasc. I (1926), 156];
d) che la sola coincidenza dell'età non può bastare peridentificare il Publilio Potito dell'iscrizione con il martire Potito, poiché la tenera
età dei martiri è un luogo comune: a parte le martiri dodicenni Agnese, Eulalia e Seconda, e il martire quattordicenne Pancrazio, S.Vito (la
cui "passio" presenta moltissime analogie con quella di S. Potito) è un martire settenne nella "passio", dodicenne nel Bellovacense e nella
"Legenda aurea";
e) che nella lapide murata sotto l'arco dell'orologio di Ascoli Satriano non si fa parola della famiglia Elia, perché vi si legge unicamente:
J.O.M.
CAECILIUS - STATIUS - CAIUS - FIRMUS
Q. CESTUS - VIAM -HERCULIAM - AD
PRISTINAM - FACIEM - RESTITUIT -;
F) che mentre la scena riprodotta sulla fronte del sarcofago non può appartenere al secondo secolo, ma al terzo: S. Potito invece risulta
martirizzato nel secolo secondo [Mallardo, S. Potito..., p. 19-20].
Le supposizioni sulla patria del martire or ora esaminate sono tutte più o meno gratuite, perché non danno una spiegazione coerente né della diffusione del culto, né delle traslazioni, e per lo più si basano su elementi poco probanti.
L'identificazione della patria nella Sardica di Tracia è dovuta al fatto che il redattore della "passio", trovando il toponimo negli antichissimi documenti e conoscendo solo la celebre città della Tracia (sede di Concilii), ha identificato con questa la città della "passio". Perciò è stato costretto a inventare il volo dalla Tracia nell'Epiro, la chiamata a Rom da parte dell'imperatore e la richiesta del martire di morire in Puglia: infatti si trattava si spiegare come mai un martire, nato in tracia, morisse in Puglia.
Quanto alla supposizione della origine sarda, essa è dovuta al culto tributato al martire nell'isola, la cui presenza va spiegata, e la Baronio che la codificò nel Martirologio Romano.
La supposizione del Rosario, infine, si fonda su basi troppo fragili, che il Mallardo non ha avuto difficoltà a minare, anche perché su tale fragilità il Rosario ha edificato con elementi di pura fantasia.
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