Dal libro di F. Capriglione "La patria di origine del martire Potito", Ascoli Satriano 1978 si legge:
S. Potito è il patrono principale di ASCOLI SATRIANO, che ne celebra il patrocinio particolarmente nei terremoti del 1851, del 1857, del 28 luglio 1883 e nel colera del 1886.
Due pergamene dell'abazia di Montevergine, rispettivamente dell'agosto 1118 [G. Mongelli, regesto delle pergamene di Montevergine, I, 35, 132] e del dicembre 1229 [Mongelli, Regesto..., II, 150, 1637], ricordando la chiesa dedicata al martire in Ascoli.
Fin dal XI secolo è ricordata la reliquia del dito del martire, racchiusa nel petto del busto d'argento fatto eseguire dal medico ascolano Potito Coloneo o Colonna nel 1654, (come i legge sui due lati della base: "Potitus Colneus artis medicinae doctor fieri fecit anno 1654" )[Ughelli, Italia Sacra, Venezia 1721, VIII, 225]. nella cappella laterale destra, dedicata al martire, nella chiesa cattedrale, se ne conserva, in un reliquiario d'argento lavorato a Napoli nel 1874, la reliquia del braccio, ottenuta il 22 dicembre 1873 da Tricarico da parte del vescovo di
Ascoli Antonio Sena.
Il martire è festeggiato il 14 gennaio e in agosto. La festa liturgica ha, tuttavia, inizio la sera del 13 gennaio con i vespri solenni alla presenza del vescovo e del clero della diocesi di Cerignola - Ascoli Satriano, oltre alle autorità cittadine, con il sindaco in testa che indossa la fascia tricolore, e il popolo ascolano. Prosegue giorno 14 con la celebrazione della messa pontificale. Al termine della S. Messa, nlla piazza principale della città, viene acceso e trascinato per tutta la piazza una sagoma metallica di un asino rivestito di fuochi d'artifcio, detto comunemente "U ciucc' d' san P'tit'".
Questa manifestazione folkloristica è legata alla leggenda ascolana che ha inteso spiegarsi, in assenza di fonti dirette e di una continuità nella tradizione, come mai le reliquie del martire si trovassero a Tricarico e non ad Ascoli. Si narra, quindi, che un mercante di Tricarico di passaggio da Ascoli col proprio asino, giunto sul luogo del martirio, fosse costretto ad uccidere a bastonate l'asino che non intendeva proseguire oltre; scuoiandolo sul posto e rimessosi in cammino, era richiamato dal ragliare del proprio asino risorto che .o seguiva, rivestito nuovamente, anche se a rovescio, della propria pelle. Resosi perciò conto che in quel luogo doveva esserci qualcosa di straordinario, trovava, scavando, il corpo del martire e se lo portava a Tricarico.
Un'altra leggenda più recente vuole che durante la seconda guerra mondiale, mentre i reparti tedeschi si avvicinavano ad Ascoli, il martire abbia fatto miracolosamente apparire tutti i comignoli elle case come altrettanti soldati armati a difesa del paese; questa leggenda può essere stata occasionata dal fatto che una statua del martire troneggia all'ingresso del paese sul cosiddetto "Arco dell'Ospedale" o "Porta S. Antonio Abate", quasi a difesa dei suoi abitanti. Si dice anche che, durante le due ultime guerre, i soldati ascolani che portarono con sé l'immagine del martire tornassero tutti sano e salvi al paese.
C'è in Ascoli un convento francescano dedicato a S. Potito nel rione omonimo: questo convento fu fondato dai Frati Minori Riformati Frà Anselmo da Vieste e Frà Matteo da Vico, come ricorda la lapide nell'annessa e omonima chiesa parrocchiale:
D.O.M.
Templum hoc
in honorem divi Potiti Martyris
praecipui civitatispatroni
aere pubblico execitatum an. 1623
Joseph campanile episcopus asculanus
solemni ritu consecravit
XVI kalend. Juias anno MDCLXV
dom. III post pentecosten recurrente
et eadem dom. III post pentecosten
ad recolendumanniversarium
dedicationis diemdecrevit.
Sulla facciata esterna e sopra l'altare della chiesa parrocchiale si elevano due statue del Santo, di fattura discreta. Intervennero alla cerimonia di fondazione il vescovo di Andria Antonio Francesco, il vescovo di Lucera Fabrizio Suardo, il vescovo di Ascoli Francesco della Marra, il duca di Andria ed altribaroni. Il convento fu terminato nel 1636. Fu prima convento di noviziato e lanificio, poi studentato di teologia della provincia Riformata di S. Angelo. Soppresso nel 1866, fu tuttavia permessa dalle autorità la permanenza di qualche religioso per reggere la chiesa, mentre la ricca biblioteca venne requisita dal comune, costituendo così il nucleo della Biblioteca Comunale. nel 1892 un ascolano P. Serafino Travaglio, iniziò le pratiche per ottenere la restituzione del convento a parte del municipio. Così, dopo tre anni, ritornarono i frati [Chiappini, Annales Minorum, XXVI, 129; XXVIII, 460; Montesarchio, Cronistoria della provincia Riformata di S. Angelo, p. 304; Lettera di P. Serafino Travaglio al Definitore provinciale, 21 settembre 1090, Archivio provinciale dei frati Minori di Foggia].
Ma c'era in Ascoli un altro convento francescano molto più antico, ricordato già nel 1399 [Wadding, Annales Minorum, IX, 217], quello dei Minori Conventuali. esso è da identificarsi nell'attuale episcopio. Infatti, nel 1426, il vescovo di Ascoli Giacomo chiese a papa Martino V il convento e la chiesa dei conventuali per farne episcopio e cattedrale, perché la vecchia cattedrale era lontana dal paese e difficoltoso l'accesso per i canonici [Wadding, Annales Minorum, X, 480-82].
Occorre ricordare che dopo il grande terremoto del 1343, che rese inagibile la prima cattedrale sita sul colle Torre vecchia (oggi Pompei e nel medioevo Frontino), venne utilizzata come tale la chiesa di S. Maria del Popolo. Quivi, alla richiesta del vescovo ascolano ilpapa rimise l'affare nelle mani del vescovo di Lucera; ma per trenta anni "per certis causis et impedimentis", come dirà papa Callisto III, non se ne fece nulla.
nel 1455 il vescovo Giacomo ritornò all'attacco, scomodando il marchese di venosa e lo stesso re Alfonso d'Aragona, per ottenere il convento e la chiesa dei Conventuali e dare loro, in cambio, la chiesa di S. Giovanni Battista con l'ex monastero delle monache benedettine. Per intervento del re, papa Callisto III, con Bolla del 24 settembre 1455, fece fare il cambio, incaricando dell'esecuzione della Bolla il vescovo di troia [Wadding, Annales Minorum, XII, 351, 724-27. da notare che il Chronicon di Lupo Protospata 8ed.Pertz in MGH, V), vescovo di Ascoli satriano, fu scritto molto probabilmente in questa città. Infatti, due documenti dell'Archivio di Montevergine (69, 76), rispettivamente dell'ottobre 1067 e del febbraio 1080, firmati e rogati in Ascoli da "Lupus Imperiali protospata et Episcopo", ne fanno fede e il secondo "ci fa conoscere anche il titolo della chiesa cattedrale, perché un certo Seteramo, nel vendere al presbitero Nicola una vigna, ne determina le dimensioni, assumedo come unità di misura la lunghezza del passo, segnato sulla soglia d'ingresso di quella chiesa, "ad ipso passo illam tibi mensuravide ecclesia beate Dei genitricis et Virginis Marie, que dicitur in Principio; il notaio, ad evitare confusionecon una qualsiasi altra chiesa, dedicata alla Madonna, pone sul nome MARIA, il segno di croce, che costituisce il distintivo della chiesa cattedrale" (P.M.Tropeano, lupo proto spata e il Codice Diplomatico Verginiano, "Archivi e cultura" X (1976), 43; Codice Diplomatico Verginiano, I (947-1102), Montevergine 1977, p. XXVIII-XXIX)].nel 1809nil convento dei Conventuali (di S. Giovanni) fu chiuso. La chiesa dei Conventuali, sotto il titolo di S. caterina, diventata cattedrale, prese il titolo di maria SS.ma della Natività e di S. leone, titolo confermato in data 1° maggio 1459, sotto il vescovo di Ascoli Francesco antonio Boccarelli.
La chiesa cattedrale, quindi, ampliata e rifatta quasi dalle fondamenta dal vescovo marco Lando ( 1567-93), restaurata dal vescovo Ferdinando d'Avila (1603-20), abbellita dal vescovo Pirro Luigi Castellomata (648-57) acquistò le due ali, tra cui quella appunto della cappella di S. Potito, sotto il vescovo Giacomo Filippo Bescapè (1659-72). fu poi restaurata dl vescovo Antonio Punzi (1685-1728) e consacrata il 30 giugno 1709.
All'ingresso, sul fondo, fu dipinta la scena del martirio presso il fiume con Ascoli sullo sfondo, affresco del secolo XVII. vi si conserva anche una tela raffigurante la glorificazione di S. Potito.
Nel 1907 furono coniati dei medaglioni d'argento e di bronzo, recanti sul recto la riproduzione del busto argenteo del martire e sul verso lo stemma ascolano con la dicitura "DEPUTAZIONE DELL'ANNO 1907 - PRESIDENTE F. MEROLA". Si olle così commemorare il cinquantesimo della particolare protezione del martire in occasione del terribile terremoto del 1857.
La tradizione ascolana, infine, denomina "POSTA DI S. POTITO" la località presso il Calaggio-Carapelle, ritenuta come luogo del martirio. Qui, a qualche chilometro dal paese, si celebrava, una volta, con solenne processione la festa del martire.
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S. Potito è il patrono anche di TRICARICO (Matera), nella cui abazia della SS. trinità furono trovate reliquie del martire, poi traslate nella chiesa cattedrale. [Codice 167 della Biblioteca beneventana]. Una nuova chiesa parrocchiale intitolata al martire è stata eretta nel 1958. In essa vi è una vetrata artistica sulla parete di fondo dell'abside, che raffigura il santo, festeggiato in paese il 14 gennaio. Fino al 1940 si celebrava il 17 luglio una seconda festa a ricordo della traslazione elle reliquie dall' Abazia della SS. Trinità alla Cattedrale.
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In provincia di Pescara si trova una località chiamata "S. POTITO", frazione di S. Valentino, la cui chiesa omonima è ricordata fin dal secolo XIII [Rationes..., Aprutium, 286, 4021].
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Anche in provincia dell' Aquila si trova un'altra località chiamata "S. POTITO", frazione e parrocchia di Ovindoli, la cui chiesa dedicata al martire, distrutta dal terremoto del 1915, è stata ricostruita nel 1969: vi si conserva una antica statua di gesso ed una moderna di legno del martire; inoltre nella cappella della Madonna della Neve si trova un quadro che la rappresenta assieme al martire e a S. Antonio [L. Giustiniani, dizionario..., 217].
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La località, già denominata Villa Imperiale, è da identificarsi nell' "aqua S. Petiti" ricordata nel 709. reliquie del santo, provenienti da Montevergine, sono nell'altare.
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La chiesa parrocchiale di Cervinara (Avellino) è intitolata, fin dal secolo XII, a S. Potito: vi si conserva una piccola reliquia in una teca del 1700 assieme a una statua anch'essa del XVIII secolo,. Il martire, festeggiato il 10 febbraio, è invocato particolarmente contro il mal di testa, ricordandone il chiodo del martirio.
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Anche la chiesa parrocchiale di IMA DI LAURO (Avellino) è intitolata a S. Potito e ricordata già nel febbraio 1038 e poi nel 1308 [Mongelli, regesto..., I, 31, 41; Rationes...., Campania 296, 4245]. Nella sagrestia c'è un quadro su tela raffigurante il martire col chiodo e la palma nella destra: è opera di un anonimo pittore napoletano del 1938.
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In provincia di Caserta si trova S. POTITO SANNITICO, che prende il nome dal martire, festeggiato il10 febbraio e nella quarta domenica di maggio: nella chiesa parrocchiale di s. Caterina si conserva una statua del martire e la sua tibia sinistra in un'urna di cristallo.
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Anche in provincia di Avellino c'è un comune che prende il nome dl martire: S. POTTO ULTRA, ricordato già nel 1326 [Rationes..., Campania, 196, 2673]; il martire è anche il patrono principale festeggiato il 13 gennaio; nella chiesa parrocchiale di S. Antonio si conserva una statua lignea del martire, eseguita da Francesco Cano nel 1719; nella cappella del villino dei baroni Amatucci sono conservate le reliquie del dito e del sangue 8in una ampollina) del martire.
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in provincia di Salerno si trova S- POTITO, frazione di Roccapiemonte, già ricordata nel 1081 sotto la giurisdizione dell'abazia di cava dei Tirreni [Archivio della Badia di Cava, codici I, 50; II, 89; IV, 77; V, 47; VI, 101; VII, 71, VIII, 28; Archivio della Curia, cartella S. Potito]: nella chiesa di S. Maria della Grazie, già cappella privata della famiglia Romualdo, si conservano un quadro del 1800, opera di Angelo Consilio di Raito e una statua recente del martire scolpita in legno da artisti di Ortisei. Si conserva un ossicino del martire, proveniente da Montevergine.
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A Pisa, tra il settembre 1391 e l'aprile 1392, Spinello Aretino, massimo esponente della scuola fiorentina di fine Trecento, uscito dalla scuola dell'Orcagna, e le cui pitture nel Camposanto Pisano sono giudicate dal Vasari "l'opera per colorito e per invenzione più bella, più finita e meglio condotta della pittura dello Spinello" [Totti, Dialogo sul Camposanto, ms. dell'Archivio Capitolare, Pisa 1593, carte, 113, 114, 115,; P. Tronci, Memorie istoriche della città di Pisa, Livorno 1682, p. 50; A. Da Morrona, Pisa illustrata, I, Livorno 1812, p. 226; I. B. Supino, Il camposanto di Pisa, Firenze 1896, p. 151-56; A. Letalle, Les fresques du Campo santo de Pise, paris, s.d., p. 83-89] dipinse in tre affreschi la storia del martire nel corridoio meridionale del camposanto Monumentale. della scena del "Miracolo di s. Potito", di cui già prima del 1944 esistevano alcuni frammenti riportati su telai di rete metallica 8nel 1886) dal restauratore Fiscati, oggi non resta più nulla, il martire vi era rappresentato nell'atto di ricevere l'ordine dall'imperatore Antonino di adorare nel tempio gli dèi pagani: a un gesto del martire le statue degli dèi cadevano infrangendosi. Anche delle scene raffiguranti il martire giustiziato e la traslazione della reliquie esistevano all'inizio del 1800 pochi frammenti che il Fiscali distaccò riportandoli su telai di rete metallica: già deteriorati prima del disastroso incendio bellico del 1944, ne subirono la distruzione quasi totale. Restano tuttavia alcuni frammenti ora distaccati nel quali è visibile uno scorcio panoramico, le coste della Corsica e la cattedrale di Pisa. Inoltre nella cappella arcivescovile di Pisa, dedicata al martire, vi sono gli affreschi della vita e del martirio di S. Potito, opera dei fratelli Melani nel 1700: qui il 13 novembre si celebra la festa della traslazione delle reliquie dalla Sardegna a Pisa, seguendo il Breve del Comune di Pisa dell'anno 1313 [F. Bonaini, Statuti inediti della città di Pisa, II, Firenze 1854-57, p. 245].
Infine nel Duomo di Pisa si conserva una statua marmorea del martire, trovata in alcuni scavi e attribuita a Paolo Borghesi Guidotti di Lucca nel 1606 [A. Da Morrona, Pisa illustrata, I, Livorno 1812, p. 226]. Una leggenda pisana vuole che i canonici della chiesa primaziale nel giorno della festa del martire, dimenticando di recitare l'ufficio festivo, avessero iniziato la recita dell'ufficio feriale; sarebbe allora apparso il martire con un coro di angeli, che cantavano l'invitatorio dell'Ufficio festivo di s. Potito; così accortisi del loro errore, i canonici avrebbero continuato la recita iniziata dagli angeli e nel coro sarebbe stato posto un quadro ea ricordo del fatto [D. Serpi, Chronica..., Barcellona 1600]. nello stesso Duomo si conserva un reliquiario artistico del martire; tale reliquiario in argento, che ha la forma della torre pendente, è già ricordato nel 1370.
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A CAGLIARI la festa di S. Potito è riportata al 6 febbraio negli "Officia propria" del regno di Sardegna, editi a Cgliari nel 1805: leggendo le tre "letture proprie", si apprende che il martire è ritenuto nativo di Cagliari. Tuttavia a Cagliari non c'è mai stata una chiesa intitolata a S. Potito.
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A CRETI DI CORTONA (Arezzo) la chiesa parrocchiale è intitolata a S. Potito fin dal XIII secolo; vi si conserva un quadro raffigurante il martire con la Madonna e S. Antonio; la festa è fissata al 7 gennaio.
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A S. POTITO DI LUGO (Ravenna) la tradizione locale vuole che durante la persecuzione Potito si sia rifugiato nella vicina Selva Litana, edificando la popolazione con la sua vita austera. Si tratta di leggende popolari, che si sciolgono di fronte alla realtà storica: solo il culto de martire è giunto in Romagna ad opera dei monaci basiliani. la chiesa parrocchiale, ricostruita nel secolo XVI, distrutta il 19 dicembre 1944, fu ancora ricostruita nel 1951: purtroppo nel bombardamento del 1944 andò distrutto un quadro raffigurante il martirio di S. Potito del pittore Guttarelli di Imola; un uovo quadro, raffigurante il martire sullo sfondo di un mondo pagano crollante, si conserva nella nuova chiesa: esso è opera del pittore di S. Potito di Lugo Anacleto Margotti. Inoltre si conservano, in un reliquiario d'argento, un piccolo osso e un dito del martire festeggiato il 13 gennaio [G.Bonoli, storia di Lugo ed annessi, 33 voll., 1732, Rationes..., Aemilia, 198, 1966].
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Infine, nella chiesa di S. Potito a NAPOLI, si trovano: una statua colorata del martire con annessa una teca di bronzo dorato contenente una reliquia donata nel 1924 dal vescovo di Tricarico Raffaello delle Nocche; affreschi del martire S. Potito, eseguiti da Nicola de Simone nella prima metà del XVII secolo e Giacinto Diana, detto il Pozzulaniello, nel 1784. Questa chiesa fu abbandonata nel 1809 dalle monache, che trasferitesi nel monastero di S. Gregorio Armeno si portarono una statua del martire (di Gennaro Monte) e la reliquia del braccio donata circa due secoli prima dal vescovo di Tricarico; la chiesa fu concessa il 27 marzo 1827 agli Uffiziali dei Banchi [A. Giorgio, L'Arciconfraternita degli Uffiziali dei Banchi di San Potito nella sua storia e nella storia di Napoli, Napoli 1971].
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A MONTEVERGINE si conservano le reliquie del martire nell'urna n.1 che è nella cripta di s. Guglielmo, sotto la nuova Basilica, dove esiste un altare dedicato a S. Potito ed a S. Mercurio.
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Ad ANDRETTA c'è una masseria denominata S. Potito, dove una volta c'era anche una cappella dedicata al martire.
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La letteratura popolare sul martire Potito conta alcuni poeti, tra cui giova ricordare Alessandro FLAMINI di Tricarico, autore di una vita in versi; Salvatore VITALI, che in 22 esametri latini celebra la traslazione delle reliquie dalla Sardegna a Pisa [S. Vitali, Ecloga 2: mystica Sardiniae fertilitate, in Ughelli, Italia Sacra, Venezia 1721, III, 368]; Antonio SANFELICE. autore degli inni del nuovo Ufficio del 1737 [Stampato a Napoli dalla tipografia arcivescovile Novelli de Bonis: una copia, rilegata in pelle, si trova nell'archivio parrocchiale della chiesa di S. Potito di Creti (Cortona)]; e infine Angelo FAGI sa Sangro in Abruzzo, abate prima a Cava e poi a Montecassino, il cui poemetto fu pubblicato nell'ufficio del 1533 delle monache benedettine del monastero di S. Potito in Napoli; esso comprende 5 antifone in dimetri giambici per Vespri e Lodi, 9 strofe saffiche dell'inno per i primi Vespri, 7 strofe in dimetri giambici per l'inno di Mattutino, 6 antifone in dimetri giambici per il primo Notturno e 6 per il secondo, 24 strofe saffiche per i Responsori, 7 strofe in dimetri giambici per l'inno delle Lodi, 9 strofe saffiche per l'inno dei secondi Vespri.
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